No Exit all’arrabbiata, il Parlamento blocca BoJo che ora vuole elezioni

No Brexit all’arrabbiata ma Porridge immangiabile

Il governo Tory di Boris Johnson è stato battuto ieri sera ai Comuni nel primo, cruciale voto sulla legge anti-no deal per obbligare il premier britannico a chiedere all’Ue un nuovo rinvio della Brexit, in mancanza d’accordo, oltre il 31 ottobre.

(ANSA) – LONDRA – «L’aula ha dato l’ok – con 328 sì e 301 no – a una contestata mozione trasversale volta a togliere all’esecutivo il controllo del calendario e a mettere ai voti il testo domani. Fra i sì, con le opposizioni, quelli di vari ribelli Tory di spicco. Johnson ha reagito alla pesante sconfitta annunciando la presentazione di una mozione per il voto politico anticipato». Oggi la mozione contro la Brexit senza accordo diventerà legge impositiva dopo la tre letture ai Comuni.

Johnson battuto, chiederà elezioni anticipate

L’opposizione e 21 ribelli Tory votano per chiedere un nuovo rinvio a fine gennaio 2020 e scongiurare il No Deal. Bagarre a Westminster

BoJo tra forza e arroganza

La rivolta dei deputati tory europeisti contro Boris Johnson. Phillip Lee, tory di 48 anni, ex medico, rugbista e da sempre pro Ue che passa ai liberaldemocratici e il governo Johnson, che aveva solo un seggio di vantaggio, è ufficialmente minoranza. E Phillip Lee è solo il primo. «Ieri sera oltre venti deputati tory, dall’ex ministro delle Finanze Hammond fino al nipote di Churchill Sir Nicholas Soames, si sono clamorosamente ribellati contro il governo Johnson», informa Antonello Guerrera su Repubblica. Tutti, e non solo a Lodra, che l’aggressivo e spregiudicato Boris voglia solo la rottura con Bruxelles suggerita dal suo amico Trump. In serata Sky News conferma: ‘Johnson ha decimato il team di negoziatori britannici in Ue per risolvere la questione del confine irlandese’.

BoJocchio Pinocchio british

Ora, districarsi nel caos. Entro oggi la legge che obbligherebbe il premier a chiedere all’Ue l’ennesimo rinvio della Brexit fino al 31 gennaio 2020 in assenza di un accordo. Sceneggiata Westminster. Johnson che grida al tradimento, alla resa ‘ai diktat dell’Europa’, e Corbin che gli dà del mentitore immorale. Theresa May, silente e composta, educatamente gongola. Westminster circondata dai dimostranti dove oggi Johnson chiederà quasi certamente nuove elezioni, salvo la resa e le sue improbabili dimissioni. Al voto (feroce), il 14 ottobre, ma solo se i 2/3 della Camera dei Comuni approveranno. E a questo punto, ‘chi ci capisce è bravo’.

Elezioni, forse che si forse che no

Elezioni anticipate ma non è detto. Altri in Europa avevano rotto governi su conti elettorali, inciampando. Johnson costretto a chiedere elezioni anticipate per provare a battere gli oppositori interni ed esterni al partito e uscire dall’Ue il 31 ottobre, con o senza accordo. Ma non è facile e nulla in politica è mai scontato (come hanno imparato altri a casa nostra). Il rischi di gettare il Paese ‘in un labirinto senza uscita’. «Se la legge anti No Deal sarà approvata, l’Europa non gli concederà niente, nonostante le false risate e pacche sulle spalle al G7 di Biarritz, perché le pretese di Johnson sono inaccettabili. E le richieste di Farage peseranno, eccome, soprattutto nel destino e nel futuro del Partito conservatore, oggi evidentemente guidato da ultras euroscettici», la valutazione di Guerrera.

AVEVAMO DETTO

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