
Il Parlamento del Kosovo è sciolto in una seduta straordinaria ferragostana. Elezioni politiche anticipate in aperta contestazione di una legge kosovara imposta dei molti tutori internazionali (Onu, Eulex), a far giustizia dei crimini di guerra commessi anche dalla parte albanese poi vincente grazie ai mesi di bombardamenti Nato. Tribunale speciale kosovaro con sede all’Aia, nei Paesi Bassi. Ma chi vince non paga pegno, la filosofia politica di risposta molto diffusa ed elettoralmente vincente. Vedrete.
A creare le condizioni per le elezioni legislative anticipate, le dimissioni del premier Ramush Haradinaj del 19 luglio scorso, perché convocato dal tribunale sui crimini di guerra. In realtà un pluri inquisito il nostro Haradinaj, già dal tribunale internazionale dell’Aja, anni 2000. Allora, morti tutti i testimoni d’accusa, morto il tribunale internazionale, morta la Jugoslavia, su assoluzione per insufficienza di prove, ed ecco che l’ex guerrigliero fatto premier, ora si arrabbia attacca a modo suo. Guerriglia istituzionale. E visto che tutti i personaggi all’attuale vertice del Kosovo hanno qualche scheletro di guerra nascosto nell’armadio, forse ne vedremo delle belle. O forse, patti chiari, e amicizie rinnovate.
Il presidente del Kosovo, Hashim Thaçi, altro ex comandante guerrigliero UCK (l’Esercito di Liberazione del Kosovo). Thaçi nome di battaglia ‘Gjarpëri’, il serpente, ha ora dieci giorni, a partire dallo scioglimento del Parlamento, per definire la data delle elezioni, che si terranno tra i 30 e i 45 giorni da oggi. La stampa locale considera molto probabile il 29 settembre o il 6 ottobre. Le elezioni saranno le quarte da quando il Kosovo è indipendente, cioè dal 2008. Dopo le precedenti elezioni, nel 2017, ci erano voluti diversi mesi per la formazione di un governo. Una politica molto legata alle appartenenze clanistiche (oltre che etniche), quella kosovara, e quindi particolarmente complessa.
Le guerre latenti rischiano sempre di riesplodere da un momento all’altro. Il caso della Serbia e del Kosovo, con un va e vieni continuo di tensioni ne è l’espressione massima. Un Ieri lacerante per molti, ancora troppo fresco nella memoria. Il Kosovo che alla fine si autoproclama indipendente con la benedizione Usa, chierichetti Nato e Italia. Ma la partita con la Serbia e la sua vessata minoranza in Kosovo resta aperta. Nel 2018 i due paesi hanno negoziato un controverso accordo per lo scambio di territori e popolazione. Pulizia etnica concordata e di Stato. Negoziato comunque fallito perché i nazionalismi etnici sono ancora vincenti sui due fronti. Haradinaj un protagonista nel caos, col Kosovo che ha addirittura imposto dazi doganali del 100 per cento sui prodotti serbi. E nei Balcani di oggi -osservano in molti- ancora numerose micce che aspettano solo di riaccendersi.