
La poesia nasce dentro la lingua. Non traduce pensiero, lo anima, lo esercita, lo produce. Potenza orale, la ascolti e la voce si crina in mille riflessi di sentimento, spezza il senso delle parole, riannoda, rifiorisce, rinsalda e restituisce ciò che prima non c’era. Non esiste altro modo, oggi, col lutto nel cuore, con la paura che tenebra si raggomitola in fondo a ogni pensiero, di non dire. Nel confine straziante, nel silenzio che lascia disabitati e soli. Solo la poesia può spazzare via il cielo, far correre le vigne (tanto amate) sbrigliate, mentre il sorriso si prende la scena del ricordo. Ogni cosa ha il suo tempo sotto il cielo, il tempo delle braccia abbracciate. Il tempo della braccia lontane.
Ricominceremo a camminare. Ce lo insegna la storia, ce lo insegna l’amicizia, quella che “è la condivisione che precede ogni divisione, perché ciò che ha da spartire è il fatto stesso di esistere, la vita stessa” (citando Agamben). Ricominceremo a sognare. A costruire, dai sogni, monumenti alla bellezza, che si muoveranno felici nel vento. A camminare fianco a fianco, aiutandoci. A darci da fare perché l’altro, l’amico, il vicino, lo sconosciuto, il diverso da noi, possa avere una possibilità.
Nel dono dell’incontro – tante volte lo diciamo – che è anche la cura dell’incontro, di quello che accende in ognuno, nel recuperare la vita. Nello stringerci e salvarci, nell’imparare a ogni passo una cosa nuova. E che questa cosa nuova non serva a noi per fare profitto, ma serva a tutti per fare comunità, per brindare con un vino meraviglioso, per giocare. Ecco sì, giocare. Sapientemente giocare con la bellezza.
Contro la distruzione di senso, di logica, di giustizia sociale, di umanità. Contro la barbarie del tempo, la ferocia delle parole, il ghigno fascista di un momento storico orrido. Contro ogni vocazione al pessimismo, ogni sconfitta accettata, ogni silenzio ingoiato. Torneremo a essere. Torneremo a esserci.
Ah bellezza anche se mai ti concedesti intera
Qualcosa sono riuscito a carpirti. Parlo di quel verde della pupilla che
per la prima volta
Entra nell’amore e dell’oro che ovunque lo posi è fuoco di luglio.
Ritirate i remi voi usi ad una vita dura. Portami là dove vanno gli altri
Vassallo del cielo chiedo di tornare di nuovo là
Nei miei diritti. Lo dice anche il vento
Da piccolo lo stupore è fiore e quando cresce è morte
Ah bellezza tu mi consegnerai come Giuda
Sarà notte e agosto. enormi arpe si udranno di tanto in tanto e
Con il poco turchino della mia anima l’Oxo Petra comincerà
A emergere dal buio. Piccole dee , da sempre giovani
Frigie o Lidie con corone d’argento e ali verdi intorno a me si radu-
neranno cantando
Quando le pene di ognuno saranno scontate
Con colori di amari ciottoli: tanto
Con fibule di dolore tutti i tuoi amori: tanto
La torba della roccia e l’orrendo crepaccio del tuo sonno non recinto:
due volte tanto
Finché una volta il fondo del mare con tutto il suo plancton invaso di
luce
Si rovescerà sulla mia testa. E altre cose fino ad allora non svelate
Appariranno come viste attraverso la mia carne
Pesci dell’aria, capre dall’esile corpo erto contro le onde scampanio di
San Demetrio il Profumato
Mentre in fondo lontano continuerà a girare la terra con una barca nera
perduta a largo e vuota.
[Odisseas Elitis]
Ps. Questo testo, con amore, è dedicato a Giuditta Parisi. Col suo sorriso e la sua sapienza ci ha insegnato tante cose della vita. Noi le conserviamo con cura e faremo del ricordo e dell’abbraccio un dono da amare. E che sventoli nel vento, bandiera di ogni nostra riscossa..