Il mondo chiama ma l’Italia non può rispondere. Guerra civile in Libia, guerra dei dazi, crisi del Golfo, Brexit, nomina del commissario europeo: ecco alcuni problemi internazionali che, a livello teorico, affronta l’Italia in crisi di governo. A livello teorico, perché anche questo governo ha contato nulla sugli esteri come del resto quelli precedenti ed è durato assai poco, nella media dei governi italiani dal 1948 a oggi (poco più di un anno). In politica è un Paese di ex già quando cominciano a governare.
Ecco come viene vista all’estero la crisi del governo italiano nel tentativo di comprendere come si modificheranno gli equilibri interni al nostro Paese e gli eventuali riflessi in Europa e nel mondo quando si sarà conclusa.
Le Monde, ad esempio, critica senza mezzi termini l’operato del premier Giuseppe Conte che è apparso nella sala stampa di Palazzo Chigi la sera di giovedì 8 agosto come «un condannato in libertà vigilata, liberato dall’onnipotente numero due Matteo Salvini». Un presidente del consiglio italiano – continua Le Monde – che «forse per la prima volta da quando è entrato in carica l’1 giugno 2018, ha iniziato a parlare da primo ministro».
The Washington Post. «Italy’s populist government verges on collapse». «I sondaggi di opinione suggeriscono che il partito della Lega, di estrema destra, del ministro dell’Interno potrebbe prevalere alle nuove elezioni» scrive Al Jazeera che, poi, cita le «forti tensioni tra i leader populisti della colazione», ovvero tra Di Maio e Salvini, soprattutto sul tema della Tav, goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Lo statunitense ‘Politico’. “Un crollo del governo italiano – si legge – causerebbe una grande incertezza per l’Unione europea, L’Italia è la terza economia dell’Eurozona ed è il quarto Paese più popoloso dell’Ue”. La testata mette inoltre l’accento su un altro grande ‘dovere italiano’, per ora in sospeso: “l’Italia non ha neppure ancora nominato il suo candidato per la prossima Commissione europea”, chiosa.
Il ‘Guardian’ parla di “differenze cavernose” tra M5s e Lega, che avrebbero condotto a un simile scenario. Per il sito britannico Salvini sarebbe “sempre in modalità campagna elettorale”, pronto a trasformare il suo ‘beach tour’ in un viaggio in cerca di consensi pre-elezioni.
‘Frankfurter Allgemeine’ parla di soldi, “crisi politica stia spaventando gli investitori bancari in Europa”. “Anche in Germania le azioni bancarie hanno ceduto – si legge – i titoli di Commerzbank hanno perso a volte più del tre per cento, la Deutsche Bank un buon due per cento. Secondo un trader hanno reagito al crollo dei titoli di stato italiani, di cui Commerzbank in particolare detiene grandi partecipazioni”
‘El Pais’ descrive Conte “in stato di shock per la decisione di Salvini, come il resto del Movimento 5 Stelle”. “Salvini ha usato i sondaggi che lo danno al 36% – si legge – per fare pressioni sui suoi partner che si trovavano in un momento di debolezza”. Negli ultimi sondaggi, il Movimento è dato al 17%, superato dal Pd al 22%.
Sovranismo e populismi mi spaventano (Intervista a La Stampa). «Sono preoccupato perché si sentono discorsi che assomigliano a quelli di Hitler nel 1934. “Prima noi. Noi… noi…”: sono pensieri che fanno paura. Il sovranismo è chiusura. Un Paese deve essere sovrano, ma non chiuso. La sovranità va difesa, ma vanno protetti e promossi anche i rapporti con gli altri paesi, con la Comunità europea. Il sovranismo è un’esagerazione che finisce male sempre: porta alle guerre”. Lo “stesso discorso” vale anche per i populismi. “All’inizio faticavo a comprenderlo – spiega – perché studiando Teologia ho approfondito il popolarismo, cioè la cultura del popolo: ma una cosa è che il popolo si esprima, un’altra è imporre al popolo l’atteggiamento populista. Il popolo è sovrano (ha un modo di pensare, di esprimersi e di sentire, di valutare), invece i populismi ci portano a sovranismi: quel suffisso, ‘ismi’, non fa mai bene».
Come nella leggenda di Frankenstein, la creatura grillina è una mostruosità politica: dal “Vaffa” all’’attaccamento alla poltrona, all’accettazione di un patto politico con il proprio opposto, al rinnegamento dei propri principi, la metamorfosi è incredibile.
[…] Siamo, come si dice, all’ultimo atto, quando cioè tacciono tromboni e un malinconico violino accompagna il calare del sipario. Per critici, avversari e denigratori di ogni genere, questa sarebbe anche l’ora dello sberleffo, del “ve lo avevamo detto”, rovesciato sul guru e sulle masse non più plaudenti che si allontanano deluse. E per amici, consiglieri, dirigenti a vario titolo, sarebbe anche l’ora di un serio esame degli errori, delle responsabilità, della distanza siderale fra l’entusiasmo della proposta e la sua approssimativa e incerta messa in pratica, fino al miserabile fallimento.
[…] Restano inesplorate la molla del consenso, la fiducia o la credulità di milioni di cittadini, l’esercizio acritico e rancoroso del voto, l’adesione entusiasta alle proposte più bislacche e irrealistiche, l’accettazione di evidenti negazioni economiche e scientifiche e infine la rassegnata (e per certi aspetti tutt’ora incredibile) accettazione del patto con il proprio opposto, per governare insieme, come Erode e l’Unicef, serbi e kosovari, Atene e Sparta, Pinocchio e Lucignolo.
[…] Come nella leggenda di Frankenstein, la creatura grillina è una mostruosità politica, è il caso di dire senza capo nè coda, un gigante di cartapesta che si scioglie malinconicamente in questa estate di volgarità, violenza, xenofobia e cattivo gusto in cui trionfa il suo contrario, l’uomo forte al quale le masse deluse hanno deciso di dare una seconda possibilità di riscatto. Meglio delle promesse del guru, meglio dell’autopsia sociale A-scientifica, l’uomo forte ha perfettamente capito la più elementare lezione politica: fare finta di essere sincero. […] Resta da capire la transumanza del consenso, evidentemente secondo bisogni e valori intercambiabili. E in questa transumanza, il melodramma può diventare tragedia.