La crisi che ci mancava: Cina Usa nello stretto di Taiwan
‘La notizia del giorno’ per EastWest. «Gli Stati Uniti hanno inviato ieri una nave da guerra verso lo stretto di Formosa, il braccio di mare tra Cina e Taiwan» la segnalazione anche da agenzia. Ma, «La mossa americana arriva a distanza di un giorno dalle dichiarazioni di Pechino, che ha fatto sapere di essere pronta alla guerra nel caso in cui qualcuno – tradotto: gli Stati Uniti – cercasse di separare Taiwan dalla Cina», scrive chiaro Marco Dell’Aguzzo.

La Cina infatti, come è noto al mondo, non riconosce Taiwan come uno Stato sovrano, ma considera l’isola “una provincia “ribelle”, una parte del suo territorio che prima o poi dovrà tornare ‘a casa’. Una riunificazione pacifica, ripete Pechino, che assieme avverte di non aver certo rinunciato all’uso della forza, se necessario. E gli Stati Uniti che pure non riconoscono Taiwan e non hanno rapporti diplomatici formali, ne sono i primi fornitori di armi.
Gli Stati Uniti hanno recentemente approvato la vendita di armi e mezzi militari vari, tra cui missili e carri armati a Taiwan per 2,2 miliardi di dollari, e Pechino non ha gradito. L’accusa a Washington di “minare la stabilità strategica globale”. Lo stretto di Formosa su cui Taiwan si affaccia è zona altamente militarizzata e Pechino considera qualsiasi passo verso l’indipendenza di Taiwan come un attacco alla propria integrità territoriale.

Gli Stati Uniti parlano di ‘impegno per un’Indo-Pacifico libero e aperto’, la libertà di navigazione nel Mar cinese meridionale, dove la Cina si sta espandendo con una certa aggressività. Fornitura di armi in chiara chiave anti cinese. Pechino ha chiesto a Washington di bloccare la vendita di strumenti bellici a Taiwan, sul principio dell’“unica Cina” e a non intromettersi nella questione taiwanese “per evitare seri danni ai rapporti tra Cina e Stati Uniti”.