
Von Braun, l’altra faccia della luna
Wernher von Bran nacque nel 1912 a Wirsitz, in Prussia orientale (oggi Wyrzysk, in Polonia), da una famiglia aristocratica prussiana e frequentò l’elitario ginnasio francese a Berlino. Curioso e intelligente non otteneva comunque buoni voti a scuola, nonostante il grande interesse per le scienze naturali, tra le quali l’astronomia in particolare, forse perché maggiormente attratto dai libri di Jules Verne. Nel 1925 – benché sia difficile ricostruire esattamente l’episodio – il tredicenne von Braun fu protagonista di una vicenda che, in un certo senso, avrebbe dato un’impronta alla sua vita: dopo essersi procurato dei fuochi d’artificio, li accese in pieno pomeriggio nel Tiergarten, un frequentato parco pubblico di Berlino, provocando un putiferio tra la gente e l’intervento di un poliziotto che lo riaccompagnò a casa. L’anno successivo infatti andò a studiare in un collegio a Weimar ottenendo la maturità nel 1930 per iscriversi poi all’università di Berlino-Charlottenburg.
Dopo la laurea in ingegneria, avendo nel frattempo conosciuto Walter Dornberger (che in seguito sarebbe diventato il responsabile di tutti i progetti missilistici tedeschi), von Braun iniziò a collaborare con l’esercito: il trattato di Versailles imponeva alla Germania di non detenere artiglieria pesante e per questo era stato avviato un progetto segreto per sviluppare nuovi razzi esplosivi. Con l’ascesa al potere di Hitler nel 1934 i progetti rimasero ugualmente segreti, ma ricevettero maggiore impulso. Fu abbandonato il vecchio poligono di Kummersdorf vicino a Berlino e fu scelta la località di Peenemünde, sulla costa del Baltico, vicino all’isola di Usedom. Nel 1937 Werner von Braun divenne ufficialmente il direttore tecnico dell’istituto sperimentale dell’esercito lavorando per lunghi anni in pratica ad un solo progetto: quello che era chiamato in codice «Aggregat 4» divenne in seguito la V2, un enorme razzo lungo quattordici metri, pesante dodici tonnellate e alimentato a combustibile liquido. Il team diretto dallo scienziato tedesco tra il 1942 e il 1944 riuscì ad aumentare l’altezza di volo dell’ordigno passando da otto a più di cento chilometri e raggiungendo contemporaneamente una distanza di lancio superiore ai trecento chilometri.
Se indubbiamente i risultati della ricerca e della sperimentazione furono straordinari, non si deve tuttavia dimenticare che si trattava comunque di un ordigno bellico di grande potenziale distruttivo, anche se non riuscì a cambiare le sorti della guerra come auspicato dall’alto comando tedesco e da Hitler in particolare. L’altro aspetto che ancora oggi è oggetto di aspre discussioni è che a produrre il razzo non furono operai tedeschi, ma deportati di ogni nazionalità obbligati al lavoro in una fabbrica sotterranea controllata dalle SS e dove la vita quotidiana non era molto dissimile da quella dei campi di concentramento. Il campo di lavoro di Dora-Mittelbau, istituito nella tarda estate del 1943, vide il passaggio di oltre duecentomila deportati (tra i quali anche un centinaio di soldati italiani catturati dopo l’Otto Settembre 1943) e anche la morte di almeno trentamila prigionieri per malattie, denutrizione o maltrattamenti. Se l’industria tedesca e in parte anche l’agricoltura durante la guerra avevano retto allo sforzo bellico, il lato scuro era stato il lavoro coatto dei deportati da mezza Europa, ridotti praticamente in schiavitù.
Von Braun abbandonò Peenemünde prima dell’arrivo dei russi per consegnarsi agli americani nel sud della Germania. Gli altri scienziati rimasti a nord caddero invece nelle mani dei sovietici, ma ben presto furono reimpiegati da questi per la costruzione di razzi all’inizio della Guerra Fredda. Leggermente diversa fu la sorte di von Braun, che – sebbene fosse riparato negli Stati Uniti – visse un periodo di quarantena abbastanza lungo fino alla fine degli anni Cinquanta. Fallito il progetto «Vanguard», che ufficialmente avrebbe dovuto essere un vettore spaziale per il lancio di un satellite, ma avrebbe anche potuto funzionare bene come missile nucleare, qualcuno alla NASA si ricordò del brillante tedesco ancora ‘in quarantena’ ma che aveva appena realizzato il missile nucleare «Jupiter». Von Braun si mise al lavoro intorno al 1961 e nacque allora la famiglia dei vettori a più stadi «Saturno», strumenti indispensabili per portare a compimento il programma Apollo, portare cioè un uomo sulla Luna.