
La nipote dello storico presidente Yitzhak Rabin: «Non possiamo accettare la radicalizzazione della società israeliana, questo non deve essere il nostro destino».
Con queste parole la 42enne Noa Rothman, ha annunciato ieri i suo impegno in politica in vista delle elezioni del 17 settembre. Un’altra ‘Rabin’, stessa famiglia di Yitzhak, contro la destra estremista israeliana che il 4 novembre 1995, uccise l’allora primo Primo ministro in carica, premio Nobel per la pace nel 1994 per gli accordi con i palestinesi guidati da Arafat. Rabin fu assassinato da Ygal Amir, un colono ebreo estremista, da cui prendono le mosse e ispirazione integralista alcune delle attuali formazioni politiche che sostengono il governo Netanyahu.
Noa Rothman correrà nella nuova formazione politica della quale non si conosce ancora il nome, che sarà guidata dal settantasettenne Ehud Barak che si propone di risollevare le sorti dei laburisti, mai così in basso nella storia politica di Israele.
La decisione della Rothman assume un significato importante, e porta con se il ricordo dell’uomo che sembrava aver messo fine al conflitto con i palestinesi con gli accordi di Oslo. «Ho visto da vicino il prezzo dell’odio e del suo incitamento» ha detto la Rothman.
Fu proprio lei, 22 anni fa, a pronunciare il discorso funebre in ricordo del nonno di fronte a numerosi capi di Stato. Si arruolò nell’esercito occupandosi del giornale dell’Idf e scrisse il libro “In nome della speranza e della tristezza”, divenuto la biografia quasi ufficiale della sua famiglia.Ora è sposata con due figli e lavora come sceneggiatrice.
Sebbene in passato sia stata spesso in contrasto con un “mostro sacro” come Barak (ex premier, ministro della Difesa, il militare più decorato d’Israele), la Rothman ora pensa che sia l’uomo giusto per battere Netanyahu. Soprattutto dopo che è sfumato il suo tentativo di formare un governo a seguito delle elezioni pur vincenti dell’aprile scorso.
«Non possiamo restare seduti, aspettando che qualcun altro faccia il lavoro per noi, questo è il dovere della mia generazione», la prima dichiarazione di Noa Rothman, neo candidata alla Knesset israeliana.
Sua preoccupazione di molti per ciò che sta succedendo nella società israeliana, sempre più lacerata, e l’assenza di una pur lieve speranza di pacificazione con i palestinesi, segnata dall’ingresso massiccio dell’elemento religioso radicale nella vita politica.
Già due anni fa, in un’intervista per 24news tv/fr, aveva messo in guardia: «Posso notare la differenza fra i dirigenti attuali e la classe politica seria, audace e responsabile che ci rappresentava».
Ma soprattutto non ha mai smesso di considerare Netanyahu e il Likud tra i responsabili della spirale di odio che portò all’uccisione di Rabin.
Una responsabilità personale alla quale il leader della destra israeliana si è sempre sottratto. Ma la storia, rispetto alla responsabilità politica, dice il contrario.