Addio dannato e amato ponte, Genova ora vuole futuro
Sono le 9.37 di una delle giornate più calde degli ultimi anni quando i piloni simbolo di quello che fu il ponte Morandi, gigante sopra il Polcevera, lacerati dalle esplosioni, precipitano a terra. Addio al ponte che noi tutti credevamo indistruttibile. Esplosione come programmato, ed è stata spettacolo dell’orrido pensando alle 43 persone che sul pezzo di ponte che ci aveva tradito, persero la vita.
«Alle 9.37 le esplosioni: immediata una grande nuvola bianca ha avvolto le pile che collassavano e i palazzi attorno. Poi lentamente la polvere si è depositata e quel panorama al quale i genovesi erano abituati dal 1967 era scomparso definitivamente. Subito dopo si è alzato in volo il drone per il primo sopralluogo cui seguirà quello degli artificieri dell’esercito».
Poco dopo le 6 sono iniziate le operazioni di sgombero degli ultimi residenti nella zona di via Fillak, Certosa, tra Rivarolo e Sampierdarena. Operazioni della Protezione civile fino a che tutte le oltre 3.400 persone che vivono nella zona rossa non sono uscite dalle loro abitazioni. In cantiere intanto i ‘fochini’, gli addetti al brillamento, arrivati ai piloni giganti alle 5:30, hanno predisposto i materiali utili per le ‘volate’ che hanno distrutto i due monconi

Sotto i riflettori di tutto il mondo per l’ultima volta, e per soli sei secondi, il ponte Morandi. Cancellato sotto la spinta mostruosa di una tonnellata di dinamite e di qualche chilo di plastico, sbriciolato al suolo a pochi passi dal torrente Polcevera che nasconde la sua possibile ferocia in un letto oggi praticamente asciutto, quando la sua acqua sarebbe servita ad abbattere le polveri. Ora il monitoraggio delle polveri sottili e delle fibre di amianto, l’ultima minaccia del Morandi.
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