Leggete libri, ma sceglieteli a caso (o quasi)

Leggete libri, ma sceglieteli a caso (o quasi)

Metà piazza al sole, metà all’ombra. Radicofani, a un passo dal cielo, celebra la lettura e la bellezza. Uno sguardo sulla Val d’Orcia, l’altro verso sud, verso Roma, lungo la via Francigena che cuce storie e passioni, attraversamenti e spiritualità. Il chiaro e scuro della piazza disegna lo spazio simbolico dell’incontro tra culture diverse, tra pellegrini e abitanti del paese, tra politici e creativi, in un rincorrersi di simboli e di passi, di parole e di silenzi. Nel ronzio sereno del quotidiano.

Un gruppo di ragazzi ha organizzato un pregevole incontro letterario, storico e culturale per la durata di due pomeriggi. Sei appuntamenti. Alcune presentazioni di libri e alcune conversazioni. Ieri e oggi. Un progetto semplice e autogestito, con la delicatezza dell’inesperienza e il coraggio delle proprie convinzioni. E si vendono libri. Perché è necessario leggere libri, così come mettere le mani nell’azione culturale, fare pratica, inventare, sporgersi verso l’utopia senza paura.

Leggere libri è necessario. Si legge poco in giro e, possiamo dirlo senza timore di essere smentiti, si legge male, ma proprio tanto male. Tanti libri di successo sono davvero brutti, servono a condurre per mano verso il baratro. Quindi sì, leggere è necessario, ma con un criterio diverso. Come? In modo avventuroso. Ascoltando un amico, chiedendo a un libraio di una libreria indipendente. Evitando accuratamente le gerarchie impositive dei supermercati del libro, le pubblicità, le recensioni.

Per lo meno, questa è la mia idea per fronteggiare la bruttezza che ci fa del male fingendo comportamenti virtuosi. Farsi sorprendere da iniziative culturali semplici e territoriali, scegliere i libri a caso, lasciandosi guidare dal desiderio, dall’istinto, dal consiglio accurato, dall’incidente. Mai dal marketing.

Il pensiero è un po’ anarchico, direi poco scientifico, ma noi che siamo contro il metodo e adoriamo Feyerabend non possiamo che credere alle circostanze speciali che ci fanno incontrare. Che mettono uno accanto all’altro le persone, che ti fanno inciampare in un titolo, che ti fanno innamorare. Per questo è stato bello ascoltare le campane di Radicofani, prima che la prima parola sulla cultura e sulla lettura potesse essere pronunciata. Osservando in modo obliquo il sorriso degli amici, lo scintillare del loro sguardo, il celebrarsi delle lettere d’amore, degli atti speciali nel dono dell’incontro.

Lasciando Radicofani, nella strada delle ginestre fiorite, con lo sguardo perso nel paesaggio disegnato dal lavoro dell’uomo, penso alla semplicità dell’azione quando serve a stare bene, quando non mira al successo ma alla dolcezza della convivialità. Penso al rispetto dell’uomo per l’abitare, alla forza della comunità, resistente e fertile. Penso alle sciocchezze conformiste che colmano il nostro mondo, costretti al virtuale che unica forma di azione, al niente sotto vuoto spinto, modaiolo e sciocco.

Penso a questi paesaggi umani e narrativi. Necessari e sorprendenti, che vivono e vivranno lontano dall’idea-cartolina che mira a disneyficarli, a svuotarli di senso. E mi sorprendo a sorridere alla dolcezza del sorriso dell’amicizia, di chi è partigiano di questa resistenza culturale e umana. Con quel pizzico di incoscienza necessaria.

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