
La guerra carogna di Trump a Cuba, ‘rubio malo’ e finto
«Rubio malo», come a l’Avana Vecchia chiamano Donald Trump, il “biondo cattivo”, giallo finto e col riporto, ma Daniele Mastrogiacomo su Repubblica è più ‘politicaly correct’ di noi e si limita a ricordare che il suo decreto che dal 5 giugno sta strozzando la piccola e media economia di Cuba. Non il sistema comunista, come il giallo tinto vorrebbe far credere, ma la povera gente di Cuba. Un colpo a quei 300 mila piccoli artigiani che con i gringos e i loro dollari riuscivano finalmente a campare in modo decente.
Dal giorno dell’entrata in vigore del provvedimento, le 100 ” paladares”, i bar e ristoranti privati e le oltre 300 caffetterie gestite in proprio -ci spiega chi Cuba ha la fortuna di frequentare- hanno dimezzato gli incassi. «I croceristi sbarcavano al molo San Francisco, davanti alla piazza del Commercio, visitavano gli antichi depositi dello zucchero e da lì salivano verso calle Obispo fino alla tappa obbligata alla Floridita, vero termometro del turismo nella capitale cubana. Non bersi un daiquiri nel famoso bar di Hemingway significava non essere stati a L’Avana», il racconto di Mastrogiacomo.
Il decreto Trump ha chiuso il programma ‘People to people’ creato da Obama quando inaugurò il disgelo. Le 17 compagnie di navigazione da crociera portavano la metà dei turisti che hanno visitato l’isola nel 2018 via mare. Le cancellazioni, riguardano 800 mila quest’anno. Altro che l’obiettivo di cinque milioni di arrivi. Le navi lasciavano al governo 30 milioni di euro tra tasse portuali, diritti di attracco e percentuali alle agenzie statali. “Ma questa ondata ha portato all’economia diffusa 3 miliardi di dollari”, ragiona Juan Tirana, ricercatore del Centro di Studi di Economia de l’Avana, “e la la cifra incassata dal regime è niente”.
Embargo duro e ricatto sul Venezuela, rileva più politicamente Roberto Livi sul Manifesto. Dopo aver attivato una vecchia legge quasi dimenticata che permette a qualsiasi cittadino statunitense di rivendicare presso i tribunali Usa proprietà che furono nazionalizzate dalla Rivoluzione castrista, ora il blocco crociere. E non è solo bastardagine. L’impatto sull’economia cubana è associato alla crisi del suo principale partner, il Venezuela chavista. Da mesi, la cronaca di Livi, nell’ isola vi è penuria di generi a causa dell’embargo Usa, per importare beni di prima necessità, specialmente prodotti alimentari. E le ultime misure hanno il chiaro scopo di dissuadere le imprese estere a investire a Cuba.
Nel 1961, il presidente Eisenhower decise l’embargo con l’obiettivo poliotico di «Affamare il popolo cubano perché si ribelli». Quasi 70 anni dopo i nani emuli. La crisi del Venezuela che sta alla base della decisione dell’Amministrazione statunitense di strangolare Cuba. Secondo i vari Bolton, Abrams, Rubio – i superfalchi che guidano la politica latinoamericana di Trump – le «migliaia» di agenti cubani che, a loro dire, controllano governo e Forze armate venezuelani sarebbero i responsabili del fallito golpe progettato a Washington e attuato da Juan Guaidó. Ricatto evidente, via lo strangolamento econiomico in cambio della testa di Maduro.
Eppure, in più di cinquant’anni le prove di forza degli Usa non hanno prodotto alcun cambio al vertice all’Avana. La destra latino americana lo ha capuito, Trump no. E il gruppo di Lima -12 paesi latinoamericani più Canada- chiede proprio la mediazione di Cuba per risolvere la drammatica impasse dei due presidenti in Venezuela. I leader latinoamericani che cercano uno sbocco negoziale, i falchi di Trump no. In realtà, a rischio i rapporti tra Usa e America latina, ma l’asse Trump-Bolton non lo capisce. E la minaccia di dazi al Messico è l’ultima prepotenza. Con molti latino americani, non ‘chaviasti’ ‘che ormai accusano apertamente il presidente Trump di mettere in crisi le regole che gli stessi Usa avevano deciso dopo la Seconda guerra mondiale per imporre la loro egemonia.