Pena di morte negli Usa, Alabama, e la nuova Corte Suprema di Trump

L’Alabama e la pena di morte
versione nuova Corte Suprema

«Un uomo è molto di più dei suoi errori peggiori». Sono le ultime parole pronunciate da Christopher Lee Price, l’uomo di 46 anni giustiziato giovedì 30 maggio in un penitenziario dell’Alabama, esecuzione con una iniezione letale. Si tratta della terza condanna a morte dall’inizio dell’anno, la seconda in poco più di due settimane eseguite nello stato del sud degli Stati Uniti.
Price era in attesa di sentenza da quasi trent’anni. Nel 1991, neppure diciottenne, uccise il pastore Bill Lynn durante un tentativo di rapina. Delitto particolarmente efferato. L’omicidio infatti fu compiuto con un coltello e una spada. Due anni più tardi un tribunale condannò Price alla pena capitale.

Un classica storia made in Usa

Una drammatica e classica storia americana dove la pena di morte rimane un tabù difficile da scalfire, sebbene siano ormai 20 gli Stati nei quali  le esecuzioni sono state abolite. Negli altri Stati il dibattito resta acceso, in alcuni Stati con una moratoria di fatto delle esecuzioni, mentre, dove la condanna a morte viene ancora eseguita, accade attraverso vari metodi, sulla cui crudeltà il dibattito è lacerante.
In Alabama non si parla neppure di moratoria, e la morte rimane una pena considerata “giusta” interpretata spesso come una vendetta. Esempio classico, le dichiarazioni del governatore dello stato, Kay Ivey, proprio sul caso Price: «Finalmente la famiglia del pastore Lynn può darsi pace sapendo che giustizia è fatta». Occhio per occhio eccetera eccetera.

Il paradigma di Trump

In realtà quest’ultima esecuzione apre scenari inquietanti su quello che sta succedendo nell’America di Donald Trump. In Alabama sembrano condensarsi le istanze più retrive. Accanto alla pena di morte c’è la recente decisione di vietare l’aborto, sempre e comunque, compreso il caso di violenza sessuale, e manette per i medici disobbedienti. Un ritorno al passato sulla scia al sentimento religioso più tradizionalista. Il fatto che Price avesse ucciso un pastore potrebbe aver rappresentato l’aggravante finale nell’Alabama di oggi.

La Giustizia arma politica

Il caso Price, la Giustizia e la linea politica della Casa Bianca e orientare il dibattito nella società. La sentenza di morte doveva essere eseguita l’11 aprile scorso ma un ricorso dei legali di Price aveva imposto una sospensione. Il condannato infatti si era avvalso del diritto, vigente in Alabama, di scegliere se morire per iniezione con il contestatissimo farmaco Diazepam, oppure essere giustiziato tramite il nuovo metodo della camera a gas di azoto.
Price non aveva fatto alcuna scelta, ma a febbraio aveva indicato la seconda opzione. Ciò imponeva una sospensione e accertamenti di natura tecnica ma un ricorso della Pubblica Accusa alla Corte Suprema ha capovolto la situazione, e qui pesa la svolta politica data da questa presidenza. I 5 giudici conservatori, Roberts, Thomas, Alito, Gorsuch e Kavanaugh, infatti hanno prevalso contro i 4 “liberal” ritenendo inutili eventuali approfondimenti e indicando come “fuori tempo massimo” la decisione di Price.
A detta della parte progressista, rappresentata dal giudice Breyer, ciò sembra indicare una via ben precisa: impedire possibili rinvii in extremis o discussioni sulla stessa pena capitale.

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