
Diplomazie segrete di paci e guerre, dal ‘Piave Mormorò’ al Venezuela
La diplomazia – si dice – è antica quanto il mondo e la diplomazia segreta lo è altrettanto. Mentre in Europa divampava la Prima Guerra mondiale, l’Italia aveva proclamato la propria neutralità, ma in realtà aprendo delle trattative segrete con Francia, Inghilterra e Russia per scendere in guerra al loro fianco, contro cioè Germania ed Austria-Ungheria, che invece erano alleate dal 1882. L’accordo – passato poi alla storia come Patto di Londra – fu sottoscritto in quella capitale il 26 aprile 1915: in cambio di concessioni territoriali, l’Italia si impegnava ad entrare in guerra entro un mese dalla data della firma, cosa che avvenne puntualmente il 24 maggio.
Le trattative rimasero segrete al parlamento, a parte del governo e perfino al capo di stato maggiore, che la guerra avrebbe poi dovuto farla. I pochi al corrente dei negoziati furono invece il re, un paio di ministri e naturalmente gli ambasciatori incaricati. Ancora oggi il fatto che, durante il mese trascorso dal trattato alla guerra, l’Italia abbia fatto parte nello stesso momento di due alleanze diverse (e che si stavano combattendo aspramente) suscita a volte leggeri imbarazzi. Alla fine le cose non andarono però come si era sperato: fu il presidente americano Wilson, che non voleva più sentir parlare di diplomazia segreta tra le potenze, che contestò l’oggetto del trattato nato in quella forma e le cose andarono come andarono.
Le mura vaticane, oltre a custodire un inestimabile patrimonio artistico, nascondono anche diversi misteri. Per conoscere infatti altre trattative e incontri segreti che si svolsero a Roma sempre nei primi mesi della Prima Guerra mondiale c’è voluto un secolo: monsignor Simon Deploige, un prelato belga che era anche docente universitario di diritto a Lovanio, svolse un’azione determinante e molto riservata per contrastare l’influenza che Austria-Ungheria e Germania esercitavano su molti ambienti ecclesiastici. L’argomento più forte fu l’incendio di Lovanio provocato da truppe tedesche pochi giorni dopo l’inizio delle ostilità.
E non si trattava di semplice propaganda antitedesca o di generica avversione al militarismo prussiano: nell’incendio erano state distrutte oltre un migliaio di abitazioni e l’antica biblioteca universitaria che conservava libri unici al mondo, ma soprattutto nel corso della rappresaglia almeno duecento civili belgi erano stati uccisi dai tedeschi. Benedetto XV, che conosceva molto bene il mondo della diplomazia e le sue ‘apparenze’, cominciò forse a guardare con occhio diverso quanto stava accadendo in Europa e a pensare magari alla famosa “Nota di pace” che nel 1917 avrebbe gettato nello scompiglio le cancellerie europee invitate a far cessare la guerra definita “inutile strage”.
L’idea del presidente Wilson di fare cessare trattative e accordi diplomatici segreti sembrò alla fine un’utopia nobile e pure un tantino ingenua. Meno di trent’anni dopo le sue enunciazioni, nel corso della Seconda Guerra mondiale, le iniziative diplomatiche segrete si moltiplicarono da parte di tutti i belligeranti e ancora una volta l’Italia giocò un suo ruolo. Nel 1943, quando ormai il dubbio che la guerra fosse perduta era divento una certezza, furono messe in atto diverse iniziative da parte italiana e anche gli alleati capirono l’importanza di far sottoscrivere all’Italia un armistizio separato dalla Germania nazista. Quando si ricorda l’operazione “Husky” ci si limita allo sbarco in Sicilia, ma si omettono spesso tutte le altre misure messe in atto quali le operazioni psicologiche o i contatti con esponenti italiani antifascisti all’estero ben prima del 25 luglio.
In questa storia ‘top secret’ si colloca la prima missione italiana a Lisbona (agosto 1943) per iniziare trattative di pace. In Portogallo le cose non andarono bene, un po’ per l’atteggiamento inglese inflessibile, un po’ per il fatto che l’inviato era stato in precedenza uno dei più stretti collaboratori di Galeazzo Ciano, ministro degli esteri e genero di Mussolini. Anche un altro tentativo svoltosi contemporaneamente a Tangeri fu inadeguato, ma il cammino verso l’armistizio di Cassibile era comunque iniziato. L’inviato italiano firmò infatti un primo accordo il giorno 3 settembre, ma poi venne anche l’Otto settembre e questa è un’altra storia.