
Ringhio Bolton mordi Iran, l’alt dei generali, Casa Bianca caos
Golfo Persico: anche se negli ultimi giorni sulle tensioni dei giorni scorsi sembra calato un muro di silenzio, il fuoco cova sotto la cenere. Pronto a divampare in qualsiasi momento. Il confronto tra Iran e Stati Uniti (spalleggiati da Israele, Arabia Saudita ed Emirati) è più aspro che mai e, assieme alle diplomazie, ormai si muovono anche gli Stati maggiori. Il New York Times ha letto le carte del Pentagono e ha rivelato che il Ministro della Difesa facente funzione, Partrick Shanahan, ha presentato una proposta “tranchant”: se gli ayatollah dovessero attaccare “o proseguire nel loro programma di arricchimento dell’uranio” bisognerà spedire in Medio Oriente un’armata di 120 mila uomini. Insomma, un altro Vietnam o un’altra Corea, fate voi.
Pare che l’artefice di codesta bella pensata abbia un nome e cognome precisi: John Bolton, Consigliere per la Sicurezza Nazionale, di mestiere “superfalco”, tutto becco e artigli, e che con l’Iran sembra avere un risentimento personale, covato da lunga pezza. Ci crediate o no, Bolton ha già cercato di fare la festa agli ayatollah al tempo che fu, quando Bush-figlio, alla Casa Bianca, andava cercando in tutti gli angoli del condominio nemici da liquidare. Ebbene, manco il bellicoso Bush accettò di seguire i piani alquanto granguignoleschi di “Baffone John”. Evidentemente giudicati fin troppo estremistici. Il che è tutto dire. Tra le altre cose, non sappiamo cosa ne penserà il neo-isolazionista Trump, che per questioni di borsellino ha già deciso di sbaraccare dall’Afghanistan e dalla Siria.
Una cosa però è sicura: al New York Times sono certi che, per ora, durante i briefing sul Medio Oriente allo Studio Ovale, piatti e stracci volino ad altezza d’uomo. Esisterebbero infatti (e non è una novità) notevoli divergenze dentro l’Amministrazione repubblicana sull’atteggiamento da assumere con l’Iran. Ci sarebbe un “partito” che spinge per una soluzione diplomatica. Anche perché, a dirla tutta, lo strappo è stato provocato unilateralmente proprio dagli Stati Uniti. E sembra più una scusa per provocare una rissa da parte dei bulli di quartiere, che un vero e proprio piano politico-strategico. Se andate a chiedere in giro per l’Europa, nelle Cancellerie tutti hanno le mani ai capelli: nessuno si sa spiegare la logica della politica estera americana, che sembra fatta apposta per
provocare disastri.
Lo hanno detto in tutte le salse al Segretario di Stato Mike Pompeo. Durante la sua recente visita nel Vecchio Continente. Occhio, lo hanno avvertito, perché a scherzare col fuoco ci si può bruciare. Specialmente quando si creano situazioni di tensione che si taglia col coltello e quando più facile diventa restare vittime di incidenti nella “catena di comando”. Significa che, se a qualche sottoposto scivola il piede, con un atteggiamento da “realista più del re”, gli eventuali colpi di testa (magari un missile lanciato inavvertitamente) potrebbero essere la base di partenza per una escalation incontrollabile. Il New York Times ha sentito, in condizioni di anonimato, sei alti ufficiali responsabili della sicurezza nazionale Usa.
Tutti erano “scioccati” dalle cifre che circolavano e da possibili strategie che contraddicono i più recenti annunci della Casa Bianca sul Medio Oriente. Uno di loro ha commentato che un corpo di spedizione di 120 mila uomini equivarrebbe a fare una terza Guerra del Golfo. Sono numeri visti solo in occasione dell’invasione dell’Irak nel 2003. Shanahan e il Capo di Stato maggiore, generale Dunford Jr., hanno declinato l’invito dell’autorevole giornale nuovayorkese a esprimere il loro punto di vista. Comunque, si è saputo che il piano di Bolton non prevede un’invasione dell’Iran. Sarebbe una mossa azzardata e ritenuta fin troppo pericolosa. E allora? Probabilmente uno spiegamento così faraonico di forze potrebbe essere legato alla necessità di spartirsi i pani e i pesci in Siria (coi russi) e all’esigenza di garantire la sicurezza di Israele e dell’Arabia Saudita.
E qua torniamo alla “madre” di tutti gli incubi. La possibile chiusura dello Stretto di Hormuz e la crisi dei prezzi dell’energia, petrolio in primis, ma anche gas. Qualcuno azzarda l’ipotesi che le cifre filtrate siano un mezzo di dissuasione nei confronti degli ayatollah. Possibile. Alcuni analisti scommettono sul fatto che gli annunci di “ritirata strategica” fatti da Trump, fra novembre e dicembre scorsi, abbiano convinto gli iraniani ad alzare il piatto della risicatissima partita di poker che stanno giocando con gli Stati Uniti. E intanto si complica un’altra guerra “per procura”: quella nello Yemen. I negoziati tra i lealisti e i ribelli sciiti Houthis sono falliti. In Giordania si discuteva sul controllo del porto di Hudayda. Evidentemente gli odii sono più forti dei possibili interessi comuni. Oppure i rispettivi “padrini” (Arabia Saudita e Iran) sono ormai entrati in una irreversibile rotta di collisione.
John Robert Bolton (Baltimora, 20 novembre 1948) è un politico e avvocato statunitense, ex Rappresentante permanente alle Nazioni Unite. È l’attuale Consigliere per la sicurezza nazionale, nominato dal presidente Donald Trump. Di tendenza risolutamente conservatrice, durante le amministrazioni Reagan e Bush padre, ricoprì posizioni intermedie al Dipartimento di Stato, al Dipartimento della giustizia ed alla U.S. Agency for International Development.
Da Sottosegretario di Stato per il controllo delle armi e la sicurezza internazionale, fu sostenitore dell’azione militare o del sostegno attivo al cambio di regime in Siria, Libia e Iran. Era anche un sostenitore della guerra in Iraq, ostile al ruolo di mediazione nel 2003 di El Baradei.
Bolton è stato ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite dall’agosto 2005. La scelta di “un détracteur invétéré de l’organisation mondiale”fu effettuata dal presidente George W. Bush. Bolton confermò l’atteggiamento scettico verso le organizzazioni internazionali. Nella sua nuova funzione, all’Assemblea su una serie di riforme da lui proporte sul funzionamento dell’ONU Bolton minacciò di bloccare il budget preventivo biennale, 3,9 miliardi di dollari. Bolton rassegnò le dimissioni da ambasciatore nel dicembre 2006, quando l’incarico non gli sarebbe stato certamente rinnovato da Senato con una maggioranza democratica neo-eletta nel gennaio 2007.
Bolton fa anche parte in una serie di gruppi conservatori e istituti politici, tra cui l’Institute of East-West Dynamics, la National Rifle Association, la Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale, il Progetto per il nuovo secolo americano, l’Istituto per la sicurezza nazionale americana, il Comitato per la pace e la sicurezza nel Golfo, il Consiglio per la politica nazionale e il Gatestone Institute, dove è presidente dell’organizzazione.
Nel suo successivo ruolo di commentatore di Fox News Channe, Bolton aveva confermato la sua fama di ‘falco’, accusando Obama di una «Ossessione ideologica con lo smantellamento del nostro deterrente nucleare, che si dimostra pericolosa». È stato anche un sostenitore del cambio di regime in Corea del Nord e ha ripetutamente chiesto la rottura dell’accordo Iran-USA sul nucleare stipulato da Obama. Il 22 marzo 2018, il presidente Donald Trump ha annunciato la sua nomina a Consigliere per la sicurezza nazionale, in carica il 9 aprile.