Kim lancia missili per rilanciare il negoziato con gli Usa
Seul registra i lanci e poi frena nel definirli: ‘projectiles’, ordigni, dalla freccia in poi. Termine vago per non caricare troppo il messaggio di quei ‘projectiles’. Alla fine è costretta a dire, “Probabilmente si tratta di missili a corto raggio”. Ed è la seconda volta in meno di una settimana che accade.
Secondo le prime ricostruzioni ancora parziali, sarebbero due i ‘projectiles’ partiti attorno alle 9.30 di mattina in Italia, dalla base di Sino-ri, a Nordovest della capitale Pyongyang.
Lanci davvero brevi: 270 e 420 chilometri verso Est, sorvolando il territorio della Corea del Nord per poi inabissarsi nel mare che lo separa dal Giappone. Nesssun timore e nessun messaggio diretto a Tokio.
Chiarita più o meno la natura dei ‘projectiles’, il messaggio che si fa più forte e chiaro: se l’ondivago Trump non si deciderà a fare delle concessioni progressive, allentando la morsa delle sanzioni man mano che Pyongyang rinuncia al suo arsenale atomico, Kim Jong-un è pronto a far risalire la tensione nella Penisola.
La Casa Bianca sappiamo, insiste invece che la denuclearizzazione debba essere irreversibile prima di qualsiasi concessione, ma siamo a ‘mercanti in fiera’, con Trump più condizionato dell’impatto di qualsiasi decisione sull’opinione pubblica ed elettori, piuttosto che ai reali effetti strategici degli stessi accordi.
Messaggio multiplo e tempistica. I due ordigni sparati oggi non violano quindi la moratoria che Kim aveva promesso a Trump, ma certo inquietano senza ancora minacciarli i ‘vicini di casa’, Corea del Sud e Giappone, sollecitati a far pressioni su Washington. Non solo: da ieri Stephen Biegun, emissario di Trump sul nordcorea, è a Seul per discutere con i vertici locali su come riavviare il negoziato, attualmente su un binario morto. E da quella parti, le preoccupazioni sono anche altre, a molto gravi. Esempio, stima Nazioni unite, a Corea del Nord colpita dai cambiamenti climatici che ancora qualcuno nega, è minacciata da una gravissima penuria di cibo.