
‘Maduro colpa di Cuba e Russia’ e Trump torna indietro di 60 anni
Trump arrabbiato per gli insuccessi sul fronte venezuelano cambia personaggio e minaccia tutti i pochi governi socialisti in America Latina. Maduro che maleducatamente non se ne è ancora andato da quell’unico pozzo di petrolio che è il Venezuela, il Nicaragua che a sua volta traballa, ma sopratutto e come sempre Cuba e la sua tutrice Russia. Mancano soltanto Fidel e l’Unione sovietica per un ‘remake’ storico. E non c’è certo un Kennedy, nel bene e nel male, su a nord del continente America.
Roberto Livi da L’Avana, informa attraverso il Manifesto che Trump, in vena di archeologia politica, ha rimesso in vigore il Titolo III della legge Helms-Burton, che i suoi predecessori avevano tenuto nel cassetto per più di vent’anni. In base a questo ulteriore livello di misure contro Cuba, qualsiasi cittadino statunitense può rivolgersi un tribunale degli Usa contro chi «fa uso» di proprietà confiscate dal governo rivoluzionario instaurato a Cuba nel 1959. Politica zanzara dell’almeno ‘ti do fastidio’?
E subito le prime denunce. Gli eredi della compagnia che gestiva le strutture portuali all’Avana e a Santiago di Cuba hanno denunciato a Miami la compagnia navale Carnival, che organizza crociere a Cuba e usa le istallazioni a suo tempo nazionalizzate. Seconda raffica di denunce contro compagnie spagnole -la Melia- per installazioni turistiche a Cuba in terreni espropriati dalla Rivoluzione.Guardi meglio i bersagli e scopri che non soltanto provocazione, scemenza politica, ma è colpo vero.
«Colpire lo sviluppo economico di Cuba», denuncia la viceministro degli Esteri, Ana Teresita González Fraga. Le compagnie denunciate in Usa continueranno la loro attività nell’isola, nonostante il ricatto di ritorsioni Usa, modello embargo iraniano. Vero è che le aziende spagnole hanno chiamato in causa l’Ue. Le misure extraterritoriali dell’embargo «contravvengono al diritto internazionale» e l’Ue minaccia contromisure all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio.
Ma torniamo al Venezuela, che è la vera partita strategica e petrolifera (e di sangue e sofferenze) in corso. Secondo la Casa Bianca versione Trump, vi sarebbero «25.000 cubani armati in Venezuela». E se il presidente Maduro resiste è solo «per il sostegno di Cuba e della Russia». «Bolton è un bugiardo» ha risposto nei giorni scorsi il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodríguez, ricordando che le missioni cubane in Venezuela sono composte da medici, insegnanti e allenatori sportivi «per il 60% donne».
‘Bugia compro e bugia moltiplico’, è la versione trumpiana del detto popolare italiano. Washington Post nei giorni scorsi ha calcolato che, dal suo insediamento, Trump ha mentito, su Twitter come in dichiarazioni pubbliche, «10.000 volte». Politica a colpi di balle, proiettili comunque pericolosi. Imperativo per l’amministrazione Trump è abbattere il governo attuale del Venezuela. Non solo per il controllo delle maggiori riserve di greggio e gas del mondo, ma per l’ordine americano in tutta l’America latina
Sempre sulla scia delle bugie. John Bolton, Mike Pompeo ed Elliott Abrams sostengono che i vertici delle forze armate venezuelane sarebbero stati d’accordo nel deporre Maduro e poi si sarebbero rimangiati la parola. Così non è stato. Altra bugia, contro chi? Mentono i vertici militari per pararsi da vendette di Maduro o, al contrario, qualcuno voleva spingere con l’inganno all’azione di piazza l’opposizione facendo credere che ci fosse il via libera dei militari? Maduro Guaidò bersaglio paralleli.
La strategia del sospetto. Interessante come sempre il senatore Usa Marco Rubio: «Maduro è circondato da cospiratori pronti a rompere in qualsiasi momento». Versione indignata del ministro della difesa, Vladimir Padrino. «Profonda indignazione che tentino di comprarci con un’offerta ingannevole, stupida, ridicola, come se fossimo mercenari». La compattezza delle forze armate attorno al presidente Maduro, passaggio decisivo della partita politica ormai al golpe dichiarato.
Leopoldo López, il leader di estrema destra che dopo il fallito tentativo di golpe si è rifugiato nella residenza dell’ambasciatore spagnolo, insiste sulla questione forze armate e sostiene di essersi riunito varie volte, nelle ultime tre settimane, con comandanti e generali della Fanb e della polizia. Per López, «l’insurrezione del 30 aprile ha aperto una crepa che finirà per rompere la diga», malgrado «l’errore di calcolo di martedì, tutto si concluderà nel giro di qualche settimana» sostiene.
Un caso Assange bis? «La sede diplomatica a Caracas non diventerà un centro per fare attivismo politico», promette il ministro degli Esteri spagnolo Josep Borrell. Attivismo planetario Usa e piccolo cabotaggio locale, mente la piazza mobilitata della povera gente paga pegno. Dal 20 aprile, in due settimane di manifestazioni, ci sono state cinque vittime e più di 200 feriti, secondo le cifre fornite da una portavoce dell’Ufficio Onu per i diritti umani e riportate da media venezuelani.