
Califfo oggi, ‘riferimento immagine’ del terrorismo diffuso
Al-Baghdadi è vivo. Ma non tanto vegeto, a giudicare dalla necessità di organizzare la pantomima di qualche giorno fa, dove è comparso sul video del suo “ufficio stampa” jihadista (Al Furkan) con tanto di kalashnikov, che fa tanto bin Laden, e circondato dai suoi sodali intabarrati. Che respirasse ancora lo pensavano in tanti, a cominciare dai servizi di intelligence occidentali, che non hanno mai creduto alla rivendicazione dei russi di avergli fatto la festa. Con un attacco aereo di Sukhoi, a Raqqsa, nel giugno del 2017. Che sia altrettanto “operativo”, però, come vogliono far credere molti “profeti del giorno dopo”, è alquanto opinabile. Certo, Rita Katz e il “Site” (Search for International Terrorist Entities), il think tank americano che si occupa di tenere il fiato sul collo dei gruppi fondamentalisti islamici più pericolosi, tirano acqua al loro mulino.
Ma quello che resta del “Califfo” e dell’Isis è ormai un “timbrificio” o, a farla più corta, una specie di casa-madre di un “franchising” terroristico che non organizza più attentati nel senso classico del termine. No. Si limita a fare quello che può, per campare di rendita: mette il suo marchio, vorremmo dire il suo “imprimatur”, su tutto ciò che jihadisti assatanati, gruppi di fanatici allo sbando, gli “orfani” qaidisti di bin Laden e di un incartapecorito Ayman al-Zawahiri, s’inventano in giro per il mondo. Al Baghdadi ha organizzato il terrificante attentato dell’isola di Ceylon? Ma quando mai. Ci ha messo solo il cappello per far capire che ancora “conta”. In effetti, il suo ruolo (qualcuno l’ha già detto) è rimasto quello del “santone”, che offre uno straccio di coperta ideologico-religiosa agli scanna-pecore di mezzo mondo.
Ogni Paese, dalla Mauritania fino al Sud-Est asiatico, ha le sue quinte colonne, che si rifanno a un Islam violento, che non dovrebbe esistere secondo molte “sure” del Corano. Ma che invece esiste. E che mischia, tragicamente, rivendicazioni etniche e rivalse squisitamente sociali alla guerre di religione. Però, occhio: ogni Stato ha le sue criticità. E le sue specificità. Quello che succede in Nigeria o in Somalia, i millenari conflitti tribali nel Sahel (dal Niger fino al Sudan), la guerra mondiale permanente tra sciiti e sunniti nel Golfo Persico, il macello dell’Asia Centrale e gli scannamenti dall’Indonesia fino alle Filippine, hanno caratteristiche molto “asimmetriche”. L’Islam, insomma, diventa un mezzo, uno strumento, e non il solo “fine” della causa.
Nel terrorismo che nasce nelle banlieues parigine, nelle periferie di Bruxelles, nei quartieri-dormitorio di Londra e che (speriamo di no) presto toccherà, a turno, diversi altri Paesi europei, c’è molto più degrado sociale e indottrinamento di quello che si possa pensare. Gli attentati “fai-da-te”, i “lupi solitari” e i tanti squilibrati di cui purtroppo il mondo è pieno, rappresentano il pericolo più immediato. E qui andiamo all’ultima riflessione che vogliamo proporvi. Come fa il “santone” al-Baghdadi, l’ex Califfo costretto a recitare la parte di una figura tragica, ma di ben altro spessore, come quella di bin Laden, a farsi sentire (e a farsi prendere sul serio) dalla multicolore galassia jihadistica e da tutti i “foreign fighters” tornati sconfitti e mazziati al paesello d’origine? Semplice. Nell’era di Internet, chi fa la voce più grossa si fa ascoltare.
Lui lo fa da anni, attraverso l’application “Telegram”. Messaggi corti e netti che preparano le sorpresone, come il video dell’altro giorno. Il trucco è vecchio quanto il cucco, tanto che gli analisti più scafati già da tempo lo studiano col microscopio. Bennett Clifford (sulla rivista americana “Sentinel” del Combating Terrorism Center di West Point) ha scritto un articolo che è tutto un programma: “Trucks, Knives, Bombs, Whatever. Exploring Pro-islamic State Instructional Material on Telegram”. E cioè, tradotto terra terra, “Camion, coltellacci, bombe e tutto quello che vi capita sotto mano”. Appello rivolto dalle centrali del “Califfo”, via Telegram, a tutti gli arrabbiati jihadisti che avessero tempo e voglia di provocare un piccolo bagno di sangue. Insomma, al-Baghdadi forse non organizza più manco le feste coi parenti, ma quanto ad “aizzare” gli aspiranti bombaroli della Mezzaluna ancora riesce a dire la sua.
AVEVAMO DETTO