
Sri Lanka, Pasqua di sangue per i cristiani, bombe nelle chiese
Otto esplosioni in Sri Lanka, nel giorno di Pasqua, hanno colpito chiese e hotel, tra la capitale Colombo e un’altra città del Paese, facendo una strage. Il bilancio è salito ad almeno 207 vittime e oltre 450 feriti. Sette persone sono state arrestate. Tra le vittime ci sono anche almeno 35 stranieri. Fra questi ci sono anche cittadini americani, britannici e olandesi, un cinese e un portoghese. Almeno due degli attacchi odierni sono stati eseguiti da kamikaze. Nel Paese dell’Asia meridionale la minoranza cristiana è circa il 7,5% della popolazione, in una nazione in cui convivono nazionalismo e fondamentalismo. Il capo della polizia 10 giorni fa aveva messo in guardia contro possibili attentati kamikaze a “chiese di rilievo” del Paese. Informazioni riservate recente su possibili attacchi da parte di un gruppo islamico locale, il National Thowheeth Jama’ath (NTJ), già noto per aver distrutto delle immagini di Buddha negli anni passati. Ma la notizia è stata poi smentita da alcune fonti, una delle quali citata dalla tv araba Al Jazeera.
La domanda del mondo, di tutti noi, il chi può aver ordito e organizzato una serie di attentati suicidi di questa dimensione, inedita non solo per lo Sri Lanka, e quale motivazione di tanto odio disumano. Dal 2009 l’isola vive in relativa pace dopo 23 anni di massacri quotidiani, rastrellamenti, posti di blocco e regioni off limits durante la guerra civile per l’indipendenza del territorio reclamato dalle Tigri Tamil in nome dell’etnia del sud dell’India a maggioranza hindu. La pista islamica è stata la prima tra le ipotesi sia per le modalità in altri attacchi attribuiti a gruppi dell’estremismo sunnita, sia per un precedente che ancora vede rimbalzare le responsabilità tra il governo buddhista di Colombo e i sopravvissuti delle Tigri Tamil. Il 3 agosto del 1990 infatti un commando attaccò la moschea di Kattankudy, nel distretto tamil di Batticaloa uccidendo 147 fedeli.
Molte ipotesi possibili, rileva l’orientalista Raimondo Bultrini su Repubblica, in un contesto in cui il nazionalismo e il fondamentalismo convivono come nella vicina Birmania e dentro lo stesso Sri Lanka, dai cui porti salparono le navi con le reliquie del Buddha che contribuirono alla conversione dell’intero sud est asiatico. Episodi e storia a odi contrapposti. Come il tristemente celebre monaco birmano U Wiratu che aizzò la popolazione buddhista contro i musulmani Rohingya, anche nell’ex isola di Ceylon esiste un gruppo della destra religiosa e intollerante contro cristiani o musulmani indifferentemente per difendere il dharma religioso contro ogni tentativo di conversione e ogni minaccia all’identità buddhista dell’isola.
Il Bodu Bala Sena, detto anche Forza del potere buddista, è stato accusato di fomentare l’odio settario anche durante la tragedia tsunami, quando gran parte degli aiuti internazionali vennero dirottati verso le comunità della loro fede per la forte influenza ecclesiastica sul governo. Divinità dell’odio e governi fantoccio. «Ciò nonostante le varie comunità hanno vissuto qui più o meno pacificamente per questi ultimi dieci anni e l’economia stava riprendendosi bene fino all’arrivo di questo cataclisma emotivo peggiore dello stesso tsunami. Ognuna delle ipotesi sui responsabili trova argomenti a favore ed altri contro», sempre Raimondo Bultrini.
L’ipotesi di una vendetta delle ex tigri tamil viene considerata debole. Uno sparuto gruppo di sopravvissuti attualmente fuori dalle carceri, pochi per organizzare un attacco ben superiore a quelli dei loro anni di guerra a Colombo. Maggior preoccupazione l’ipotesi ‘pista islamica’, mentre le forze di sicurezza cingalesi segnalavano un massiccio espatrio di militanti IS, l’ex Isis in cerca di nome e di futuro, verso la Turchia e la Siria. Lo ‘Stato islamico’ potrebbe vantarsi di aver commissionato l’azione, lasciando aperta l’ipotesi che un gruppo panasiatico di militanti anche suicidi siano ormai distribuiti in diversi paesi asiatici spingendo a est la guerra persa in medio oriente.
Un ultimo dettaglio che nemmeno le agenzie di stampa sembrano aver rivelato, osserva ancora Raimondo Bultrini. Forse solo una coincidenza, ammette. «Ma il 21 aprile di esattamente dieci anni fa decine di civili tamil, se non centinaia come dicono le organizzazioni umanitarie, vennero massacrati dall’esercito cingalese nelle province dell’est lungo la costa dove si nascondevano le ultime “Tigri dell’Eelam”. La fase finale della guerra durò meno di un mese. Ma nessuno ha mai conosciuto ancora l’entità dei massacri commessi e le inchieste internazionali si sono sempre arenate».
La jihad in Sri Lanka? La galassia terrorista nel subcontinente indiano