
La Nato 2018 oltre i 900 miliardi di dollari
Tante parole attorno prima di pochi numeri certi, a partire da un ‘non si sa bene il perché’ 2014, da quando forse, quella specie di multinazionale armata che è diventata la Nato senza ormai alcun Atlantico di riferimento, ha deciso di darsi in un minimo di regole che calcolare la spesa effettiva dell’Alleanza ‘Post-Atlantica’, dove ogni Stato partecipe contabilizza la difesa a modo suo, per arrivare attorno a quel 2 per cento di spesa sollecitato nel solito modo rozzo da Trump. E stando a quei numeri, comunque sempre ballerini e parte della eterne ‘bugie di guerra’, la Nato 2014 avrebbe spesso la non piccola cifra di 883 miliardi dollari, riferisce Giovanni Martinelli su Analisi Mondo.
Il ‘North Atlantic Council’ del settembre 2014, quando i Capi di Stato e di Governo affrontano la questione delle risorse decidendo alcuni principi fondamentali tipo quel 2% di Pil per la Difesa. Salvo poi trucchi contabili nazionali per carenza di soldi. «La raccolta dei dati forniti dai vari membri -precisa il puntiglioso analista italiano citato- e la necessità di elaborarli in maniera sufficientemente omogenea sono attività evidentemente non semplicissime». Lo avevamo capito.
2014, Percentuale sul Pil. Per gli Usa il 3,76%, in calo rispetto agli anni precedenti segnati dalle guerre in Iraq e Afghanistan. Mentre Europa e Canada raggiungevano nuovi record negativi, con un valore medio dell’1,4%. «Da lì in poi però le cose cambiano». 2015, mano europea ai portafogli: negli USA un’ulteriore flessione delle risorse, fino a 594 miliardi di dollari (valori assoluti da brivido) e il 3,6% sul PIL, l’Europa e il Canada salgono a 277 miliardi di dollari, anche se la percentuale sul PIL rimane ancora all’1,4%
2018 anno ‘esemplare’ (dipende sempre dai punti di vista) con la Nato che torna a spendere più di 900 miliardi di dollari, quota 919, più 35 miliardi sul 2014. Accade mentre gli Usa scendono dai ricordati 611 miliardi del 2014 ai 605 del 2018, e per tutti gli altri Paesi si spendono da 272 a 313 miliardi.
Percentuale di spesa Nato con il PIL: una ‘classifica’ che, limitata alle prime 10 posizioni. vede la ineguagliabile superpotenza USA col 3,39%, poi la Grecia a sorprendere con il 2,22% ma su un Pil dei poveri, il Regno Unito al 2,15%, l’Estonia con il 2,07%, la Polonia con il 2,05%, la Lettonia con il 2,03%, la Lituania con il 2%, la Romania all’1,92%, la Francia con l’1,82 % e, infine, la Croazia con l’1,71%. Con una media finale per tutta l’Alleanza PostAtlantica al 2,36%.
La forte presenza di Paesi dell’Europa dell’Est (la persistente paura della Russia post sovietica), e il numero di Stati membri sopra il 2%. Oltre agli USA, nel 2014 solo il Regno Unito e la Grecia raggiungevano il livello del 2%. Nel 2018, si sono aggiunti Estonia, Polonia, Lettonia e Lituania (ma Pil dei poveri), «mentre diversi altri Paesi si sono comunque molto avvicinati, la Romania per esempio, mentre la stessa Francia non è poi così lontana».
«Il nostro Paese continua a occupare le ultime posizioni nella ‘classifica virtuale’ delle spese per la Difesa», annota la componente militare. Rapporto spese per la Difesa e il Pil, Italia sest’ultima. «Peggio del nostro 1,15% fanno solo Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna, Belgio e Lussemburgo». Ovviamente un concetto di ‘peggio’ da valutazione tecnica militare e non politica.
Se nel 2014, spese per la Difesa dell’Italia, 18.427 milioni di euro, nel 2018 arriva 21.183 milioni. Una crescita importante e mai vantata da nessun governo. Dati che trovano una loro conferma nel rapporto percentuale tra le spese Difesa e Pil. Ricordato il dato del 2014, l’1,08%, 5 anni dopo si viaggia adesso attorno al’1,15%. Si bspende di più ma in soldi restano complessivamente pochi anche per tutto il resto.
Bilancio destinato all’investimento a calare, «mentre la quota di risorse destinata al Personale crescerà ancora!», lamenta lo specialista. Analizzati nel dettaglio i bilanci della Difesa e le loro informazioni ‘nascoste’, il dato più e più volte evidenziato: «l’Italia nella posizione di “fanalino di coda” in termini d’impegno finanziario sul fronte della Difesa. In ambito NATO, ma non solo».
Le proposte del Ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, di conteggiare diversamente le varie voci sono solo trucchi contabili. Esempio citato, la cancellazione del programma CAMM-ER, il i nuovo sistema di difesa aerea ‘Common Anti-air Modular Missile Extended Range’, o la questione dei pagamenti degli F35 già operativi , con lo stesso Consiglio Supremo di Difesa costretto a dissentire pubblicamente.