Ucraina, tanta storia, mille travagli

Ucraina, tanta storia, mille travagli

L’attuale festa nazionale ucraina ricorre il 24 agosto a celebrare l’indipendenza sancita nel 1991, quando – dopo un fallito tentativo di colpo di stato filo-sovietico – avvenne il distacco definitivo dall’Urss, o meglio da quello che ne restava. La storia dell’Ucraina non si può però ridurre solo al periodo sovietico o a quello appena precedente, perché si tratta di una vicenda complessa e secolare che raramente però ha visto lunghi periodi di pace e tranquillità. Un’importante fase storica, tormentata e leggendaria, soprattutto per il fatto di aver goduto di una certa popolarità in Europa occidentale nell’età del romanticismo, si svolse all’incirca tra la metà del XVII e XVIII secolo. In Germania si era appena concluso il massacro della guerra dei Trent’Anni, in Francia sedeva sul trono il Re Sole, in Inghilterra e in Spagna ci si arricchiva con i commerci atlantici pur guerreggiando ogni tanto, mentre in Ucraina ci si trovava ancora a combattere accanitamente e senza tregua contro lo stato polacco-lituano. Lontano nel tempo, quasi dimenticato dagli stessi ucraini e poco ricordato nel resto d’Europa, questo periodo ha lasciato però una traccia appena visibile nell’attuale identità nazionale, anche perché spesso insidiata dai discutibili modelli che vengono dal passato collaborazionista durante la Seconda Guerra mondiale.

Mazepa, l’atamano dei cosacchi

La figura maggiormente rappresentativa di questo periodo fu senza dubbio Ivan Mazepa (1639-1709), atamano (capo, comandante) cosacco e personaggio abbastanza controverso. Dopo aver ottenuto dai russi il comando delle truppe per scacciare i turchi dalla Crimea, nonostante un risultato iniziale piuttosto deludente, divenne uno dei più fidati comandanti dello zar Pietro nella guerra di Azov (1695), e soprattutto riuscì per un certo periodo a far cessare le lotte intestine tra i clan cosacchi in Ucraina. I buoni rapporti con il Cremlino durarono poco, perché lo zar Pietro era impegnato a riformare seriamente il proprio Stato e non intendeva per questo aiutare i cosacchi nella loro guerra contro la Polonia. Sembra però più probabile che lo zar si attendesse invece un crollo dei cosacchi – ormai prossimi al logoramento – per impossessarsi a sua volta della loro terra. Quando Mazepa cominciò ad intuire la cosa, concluse un accordo segreto con Carlo XII di Svezia che intendeva invece attaccare la Russia per risolvere definitivamente la questione del Baltico. Il cambio di alleanza si rivelò però disastroso per gli uni e per gli altri: da una parte scatenò l’ira dello zar, ma non fornì nemmeno all’esercito svedese il sostegno militare atteso e la sconfitta fu inevitabile. Nel giugno 1709 Carlo di Svezia fu pesantemente battuto nella battaglia di Poltava e Mazepa fu costretto a riparare in esilio in territorio ottomano (grossomodo nell’attuale Moldavia) dove morì poco dopo probabilmente per cause naturali. Contemporaneamente l’esercito russo mise a ferro e fuoco le residenze di Mazepa e i villaggi circostanti e l’influenza russa si estese ad occidente in uno spazio che andava dal Baltico a mar Nero.

L’irascibile ubriaco

Mazepa godé fama di coraggioso comandante, ma anche di persona alquanto irascibile che si lasciava facilmente trascinare in eccessi rovinosi, soprattutto dopo abbondanti libagioni alcoliche. Molti lo descrissero come persona relativamente colta, capace di esprimersi anche in diverse lingue, latino compreso, ma altri ne sottolinearono invece le maniere rudi, se non addirittura violente e brutali. Voltaire, nel libro dedicato a Carlo XII, raccontò l’episodio boccaccesco di quando il capo cosacco fu sorpreso da un marito tradito e della pubblica punizione ricevuta in conseguenza; non del tutto inconsapevolmente ne consacrò però la fama di combattente della libertà. L’inglese lord Byron fece ancora di più: nel 1819 scrisse un intero poema (Mazeppa) dedicato al capo cosacco e da allora seguirono anche numerose rappresentazioni pittoriche dei francesi Gericault, di Delacroix e Vernet, tutte ispirate ai versi del poeta dedicati alle gesta dell’atamano. E in tempi molto recenti anche l’industria americana del cinema realizzò un kolossal con scene spettacolari. Pur riconosciuto ed apprezzato come eroe esaltato dalla cultura romantica, qualche dubbio sull’effettiva capacità politica nello scegliere gli alleati giusti sembrerebbe insomma fondato. Rimane allora un’immagine un po’ oleografica: un capo coraggioso che sapeva mettersi alla testa di una moltitudine a cavallo e condurre al galoppo cariche irresistibili, ma con minori successi nell’amministrazione dello Stato.

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