
Tra qualche giorno parlerò agli studenti di un’università per cercare di dare loro informazioni su alcuni aspetti del territorio in cui vivo e lavoro. Per declinare, secondo la mia mia visione filosofica dell’abitare, l’idea comunitaria della cultura del paesaggio e dell’ospitalità, delle radici della bellezza e dell’importanza della Francigena, dove – citando Paolo Ciampi – non si abbandona, anche solo per qualche giorno, il mondo dove si vive… si entra in un altro mondo, che tra le altre cose ha un altro tempo.
Per chi, come me, proviene dall mondo dell’informazione e ha percorso tante tappe del mestiere, tornando alla fine alla strada, questa occasione è interessante davvero. Non parlerò di marketing o giornalismo, né da salotto né da cortile, né da guardia né da compagnia…
Parlerò proprio della strada e di alzarsi dalla scrivania e camminare possa essere fertile anche per futuri giornalisti. Parlerò quindi di sguardo, di ascolto, di rispetto, di mettersi in marcia, di scarpe consumate e senso critico, quindi di sovversione. Della straordinaria bellezza di un luogo semplice e dolce, San Quirico d’Orcia al centro della Val d’Orcia, dove il tempo ha una sua lentezza e profondità e dove il camminare rappresenta un vincolo storico. Così come l’ospitare. Come la generosità. Tratti caratteristici che devono essere amati e protetti. Non da leggi o altro, ma dalla vita che ognuno di noi vive quotidianamente in questo mondo così normale quindi speciale.
Non penso sia utile dare spiegazioni o cercare di introdurre informazioni storiche o geografiche. Chi ha fantasia e voglia di farlo si sarà già informato su che cosa è la Francigena, che cosa la Val d’Orcia o i Cipressini, Vitaleta, Bagno Vignoni… Vorrei semplicemente porre degli interrogativi, accendere delle domande, mostrando degli aspetti che siano lontani dalla cartolina, dal concetto di parco fotografico che mi sembra stia prevalendo e prosciugando diversità e poesia.
Lo farò ponendo delle parole chiave e analizzando insieme il senso di quello che possono rappresentare.
Innanzitutto Francigena. Quindi il rapporto tra la strada e il camminare. Tra il viaggio e il territorio. Tra la ricchezza di un luogo dove il tempo scorre con altre caratteristiche e quindi si vive un mondo altro: lentius, profundius, suavius.
Dopo Francigena, pellegrino. Colui che va per agros, lo straniero agli occhi della comunità. Ma anche lo strano, per come è vestito, il diverso perché chissà da dove viene e chissà dove va. Il viandante. Colui che viaggia, e cerca la strada, a ogni passo. Cerca di comprendere dove andare e che cosa fare attraverso il rapporto con la comunità che da secoli, direi da oltre un millennio, è abituata all’accoglienza, al rapporto col pellegrino, col viaggiatore, con lo straniero. Con chi è in fuga o si è perduto, con chi cammina come atto di fede e chi cerca se stesso.
Poi vedremo. Ma l’idea è quella di indicare una decina di spunti ai giovani comunicatori che nei prossimi giorni verranno a vedere queste terre, che le percorreranno e che vorrei non fossero ispirati né dal “già noto” né dall’idea del turismo, ma dal concetto rivoluzionario dell’abitare poeticamente lungo questo tratto di Francigena. Cogliendo dietro ai paesaggi magnifici la fatica dell’uomo, il dolore e la creatività, il lavoro e la fantasia. Contadini, poeti, vignaioli, artisti, osti librai. Un insieme magnifico di donne e uomini che fanno della diversità la loro semplicità.
Considero Remocontro il luogo adatto per riflettere ad alta voce, penna in mano, sulle questioni più urgenti della vita. Così la vedo. Quindi che questa esperienza avvenga pubblicamente. Con le mie idee e le premesse. Accettando suggerimenti, vi dirò nelle prossime settimane come è andata. Che cosa è accaduto nell’incontro tra un narratore da strada e giovani futuri giornalisti che racconteranno questa terra dell’Orcia.