Impero britannico, India e Pakistan, industi e musulmani, cinque guerre

In principio fu la linea Radcliffe

Impero britannico, India e Pakistan, industi e musulmani, cinque guerre
Il compito affidato a lord Cyrill Radcliffe alla fine del conflitto mondiale, benché molto prestigioso, non fu invidiato da nessuno: al giurista e politico inglese toccò infatti la presidenza della commissione che avrebbe dovuto definire la linea di confine tra India e Pakistan. A parte la grande difficoltà e la spinosa delicatezza della questione in sé, l’altro aspetto negativo fu che ebbe solo cinque settimane per definirla.Nel timore dello scoppio di una guerra civile tra indù e musulmani, e poiché si erano già verificati gravi episodi tutt’altro che rassicuranti sul futuro, la decisione della concessione dell’indipendenza e della relativa divisione in due stati era stata infatti accelerata provocando non pochi incresciosi malintesi. Nonostante la buona volontà e l’onestà intellettuale di lord Radcliffe (che, per inciso, non aveva mai messo piede in India prima dell’incarico e non ne sopportava neppure il clima), il risultato produsse alcune tra le conseguenze più catastrofiche del XX secolo, che del resto non fu un secolo tranquillo nemmeno altrove. L’indipendenza e la contemporanea spartizione provocarono infatti quasi un milione di vittime e almeno venti milioni di profughi nella prima fase e seguirono altre ecatombi.

Prima e seconda guerra indo-pakistana

Le conseguenze infatti non si fermarono al 1947, ma da allora ad oggi tra India e Pakistan si sono combattuti cinque conflitti armati. Al primo, ovvero quello della spartizione, ne seguì un secondo nel 1965: il Pakistan infatti, per ottenere la parte del Kashmir contesa, in aprile tentò di infiltrare truppe speciali per sollevare la popolazione contro il governo indiano. La popolazione locale al contrario svelò i piani pakistani provocando una forte reazione indiana e la prima fase delle ostilità si concluse a giugno con la mediazione inglese. In agosto i pakistani ripresero però le ostilità varcando la linea di demarcazione appena fissata e in breve il conflitto si estese anche al Punjab dopo che le due parti avevano effettuato raid aerei contro basi e vie di comunicazione avversarie. A causa del terreno montuoso e impervio, privo di vie di comunicazione e non sempre del tutto controllabile anche da forze consistenti, il risultato fu che i pakistani occuparono parti di territorio indiano e viceversa: quando fu proclamato il cessate il fuoco la situazione sul terreno risultava ancora più complessa e instabile del 1947, né risolvibile nemmeno con parziali riconoscimenti territoriali, perché si sarebbero originate situazioni ancora più precarie.

Terza guerra e indipendenza del Bangladesh

Nel 1971 si combatté la terza guerra indo-pakistana che, per numero di soldati e di vittime, fu il maggiore scontro verificatosi sino ad oggi tra i due paesi ed anche il più intenso, benché sia durato in tutto un paio di settimane, coinvolgendo nelle operazioni non solo forze di terra, ma anche aeree e navali. All’origine vi fu l’insurrezione nella parte orientale del Pakistan (l’attuale Bangladesh) appoggiata dall’India dapprima con la fornitura di armi ai ribelli bengalesi e poi con un intervento militare vero e proprio. I primi ad attaccare furono tuttavia i pakistani che -nel tentativo di imitare il fulmineo raid aereo israeliano con cui era iniziata nel 1967 la Guerra dei Sei giorni- il 3 dicembre 1971 colpirono simultaneamente numerose basi aeree indiane. La reazione indiana invece fu pronta ed articolata: le ostilità in breve iniziarono anche sul confine occidentale del Pakistan dalle montagne del Kashmir alle foreste del Punjab, dalle paludi salate del Rann di Kutch ai deserti del Rajastan. Di fronte ai circa seicentomila soldati pakistani impegnati su due fronti l’India ne schierò almeno ottocentocinquantamila costringendo alla resa le forze pakistane in Bangladesh e conquistando la città di Dacca il 16 dicembre. Tra le incognite di questo conflitto, la cui composizione diplomatica durò parecchi mesi, vi fu anche il timore di un intervento cinese, timore mai sopito data la collocazione geopolitica dei due giganti asiatici e soprattutto per il fatto che nel 1962 India e Cina combatterono un breve ma intenso conflitto in ‘alta quota’ tra le montagne himalaiane.

Le guerre sul tetto del mondo

Sempre tra India e Pakistan si svolsero altri due conflitti minori, ma molto prolungati, dovuti essenzialmente al fatto che dopo la frantumazione della linea Radcliffe avvenuta già nel 1965 e nonostante gli accordi del 1972, attualmente non esiste un confine vero e proprio, accettato da ambo le parti, ma un’incerta e contestata ‘linea di controllo’ che determina continui sconfinamenti e infiltrazioni, soprattutto nel settore montano del Kashmir. Nel 1999 si svolse anche la guerra di Kargil che coinvolse sia le forze armate regolari dei due paesi e sia i guerriglieri del Kashmir. Sempre in Kashmir inoltre, dal 1984 al 2003, si è svolto un altro conflitto intorno alla catena montana dei Saltoro, sotto gruppo del Karakorum, più o meno con modalità da guerriglia: raid di pattuglie e colpi di mano in condizioni ambientali estreme, ovvero su montagne situate in media oltre i tremilacinquecento metri o anche su enormi ghiacciai alla stessa altitudine. Oltre ai combattimenti, una gran parte delle vittime è stata anche provocata dal fatto che, soprattutto i pakistani, hanno impiegato truppe volontarie reclutate nelle pianure o anche nella regione delle foci dell’Indo, prive di specifico addestramento e di equipaggiamento adatto alla guerra ‘più alta del mondo’: a parte i rigori del clima, i volontari pakistani senza acclimatamento alle alte quote sono stati letteralmente falcidiati dal ‘mal di montagna’.

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