
Ali Shari’ati motore ideologico della rivoluzione iraniana e di Khomeini
Il 16 gennaio la fuga dello Shah, già gravemente malato. Dopo 2500 anni la monarchia iraniana cede il passo. Il 1° febbraio l’evento che ottiene la maggiore risonanza mediatica: l’arrivo in aereo a Teheran dell’Ayatollah Ruhollah Khumayni (come sarebbe più corretto scrivere il nome dell’ormai universalmente noto Khomeini) accolto da milioni di iraniani dopo 15 anni di esilio. L’11 febbraio vi fu la presa dei palazzi governativi e del Palazzo Reale da parte dei dimostranti. Ma l’evento forse istituzionalmente più rilevante è l’1 aprile 1979, la proclamazione della Repubblica Islamica da parte dell’Ayatollah Khumayni, la prima vera Repubblica Islamica della storia nata da una rivoluzione cui parteciparono milioni di iraniani e sancita dall’esito indiscutibile (98 % a favore) di un referendum.
La Rivoluzione Iraniana, o Rivoluzione Islamica, anche se avvenuta all’interno della minoranza sciita, è stata da molti definita la seconda rivoluzione del XX secolo per importanza, dopo quella russa, ma forse alla luce della storia di questi ultimi decenni potremmo rivalutare tale ‘classifica’ con almeno un ex aequo per importanza fra le due rivoluzioni.
Non vi è dubbio che il ruolo fondamentale, sia sotto il profilo politico che carismatico, sia stato svolto dall’Ayatollah Ruhollah Khumayni e su questo sono stati scritti migliaia di articoli, saggi, analisi, va però detto che in realtà il vero ‘motore primo’ dal punto di vista ideologico della Rivoluzione è stato un personaggio poco noto al grande pubblico ma ben noto agli orientalisti ed in particolare a chi si occupa del pensiero dell’Islam Politico, ‘Ali Shari’ati.
Azzardando un parallelismo storico, discutibile come tutti i parallelismi storici, si potrebbe affermare che Shar‘iati sta alla Rivoluzione Iraniana come Marx sta alla Rivoluzione Russa. Entrambi non videro il concreto frutto rivoluzionario delle rispettive ideologie (Shar‘iati muore nel 1977), con la differenza che l’esistenza di Marx è nota al mondo mentre pochissimi conoscono anche solo l’esistenza di ‘Ali Shar‘iati.
Perché Shariati è cosi importante per la Rivoluzione Iraniana?
L’importanza di ‘ Ali Shar‘iati per la Rivoluzione Iraniana ha trovato negli anni varie autorevoli conferme, fra queste :
“The main ideologue of the Iranian Revolution” (E. Abrahamian, Middle East Report 102, 1982 )
“Shariati teachings may be said to have laid the foundation of the Iranian Revolution” (Encyclopedia Britannica)
“Ali Shariati, an Iranian revolutionaty intellectual and sociologist, was one of the key intellectual leaders of the islamic revolution 1979” (M. Hashemi, Global Social Theory )
“M. Campanini, uno dei massimi esperti del pensiero politico dell’Islam, nel suo ‘L’alternativa islamica’( Ed Mondadori, 2012), sostiene che Ali Shariati “può venire considerato non certo il primo, ma sicuramente uno dei più efficaci teorizzatori dello sciismo rivoluzionario; uno sciisimo che assume le caratteristiche fondanti di una ideologia(…) Le lezioni, le conferenze, i libri di Ali Shari’ati incisero profondamente nella formazione della gioventù rivoluzionaria iraniana, quella gioventù che sarà protagonista della rivoluzione islamica khomeinista.”
Ali Shari’ati può essere considerato il principale teorico del potere rivoluzionario sciita contemporaneo e non appare azzardato affermare che senza il suo pensiero non avremmo avuto la Rivoluzione Iraniana.
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Ali Shari’ati nasce in una famiglia di religiosi del Khorasan nel 1933. Dopo gli studi primari si reca in Francia dove entra in contatto con esponenti del movimento per l’indipendenza algerina e con importanti esponenti della cultura occidentale dell’epoca, in particolare con Sartre e con l’ideologia marxista. Consegue un dottorato in sociologia alla Sorbona. L’influenza della cultura occidentale e marxista sarà fondamentale nell’elaborazione delle sue teorie pur rimanendo egli profondamente incardinato sui valori e sulla religione islamica sciita.
Ritorna in Iran nel 1963 ove viene immediatamente arrestato con l’accusa di aver avuto contatti con dissidenti iraniani all’estero. Rilasciato, verrà nuovamente arrestato, sempre a causa delle sue idee, nel 1973 subendo torture e danni fisici. Di nuovo rilasciato nel 1975 emigra in Londra dove morirà nel 1977 a soli 44 anni. Varie fonti hanno parlato di probabile ‘assassinio’ politico da parte di emissari iraniani dello Scià.
Uno degli elementi di base dell’ideologia di Shari’ati è il rifiuto di ogni separazione dell’universo fra mondo ed aldilà, scienza e religione, religione e politica, razze diverse, padroni e dipendenti, e ciò sulla base del principio, tipicamente musulmano, del tawhid (Unicità) che nell’Islam ha una valenza che va ben al di là dell’ambito teologico, per riguardare anche il politico e il sociale. Il principio del tawhid è forse uno degli elementi ancor oggi meno compresi nelle analisi occidentali sulle varie espressioni dell’Islam Politico contemporaneo (più o meno radicali).
Sempre in Campanini leggiamo:
“L’Islam, proprio grazie a questa sua intrinseca forza unificante, è una concezione del mondo profondamente umanista (…). L’umanesimo implica la difesa dei valori umani e la denuncia di tutti quegli elementi corruttori che compromettono la giustizia e l’uguaglianza tra gli uomini. Shar’iati è un nemico di quella “intossicazione da occidente” che crede sia diffusa nella società iraniana (e forse in senso più lato nella società orientale e islamica). La denuncia dei mali dell’Occidente si esplicita in una critica serrata alla società capitalista, alla meccanizzazione reificante e alla globalizzazione (con non superficiali echi marxisti)”.
Shar‘iati si affida molto anche al mito evangelico e coranico di Caino ed Abele. Nella sua opera ‘Sociologia dell’Islam’ scrive: “Le classi dominati tengono il vessillo di Caino, mentre quello di Abele è nelle mani di chi cerca la giustizia, la libertà…”, e cita il Corano (28:5). “Noi abbiamo voluto prendere l’impegno verso coloro che sono stati oppressi sulla Terra, rendedoli la guida dell’umanità e gli eredi della Terra”. L’attenzione per gli “oppressi sulla Terra” costituisce un elemento ricorrente in Shar‘iati che utilizza, per rendere l’opposizione tra ‘oppressi’ ed ‘oppressori’, i termini coranici mostadafine (indebiliti, diseredati) e mostakbirine (arroganti), trasponendo in tal modo la teoria della lotta di classe nel lessico islamico (G. Kepel, Jihad ascesa e declino, Carocci 2005) . Va anche detto che il pensiero di Shar‘iati non può essere definito “di islamizzazione del marxismo nè di marxistizzazione dell’Islam, ma del fecondo ibridarsi di due prospettive rivoluzionarie entrambe utili al riscatto dei “dannati della Terra”.
Questo ‘ibrido’ fra le prospettive rivoluzionarie marxiste ed islamiche costituisce un altro aspetto poco noto, e per certi aspetti paradossale, della Rivoluzione Iraniana. Shar‘iati affermava inoltre che tutte le religioni profetiche, quindi anche il Cristianesimo, hanno una vocazione rivoluzionaria.
Altro elemento centrale del pensiero di Shar‘iati è la critica al tradizionale e secolare quietismo politico del clero sciita e una rielaborazione del principio del martirio (shahada, tipico della cultura sciita) in una prospettiva rivoluzionaria e di finalizzazione politica per liberarsi dall’oppressione. A tale principio è poi legato quello del jihad (impropriamente tradotto spesso con ‘guerra santa’).
Shar‘iati dedica inoltre molta attenzione ai diritti della donna, proponendone un ruolo attivo in nome di un Islam autentico che non prevederebbe la sottomissione femminile. Se le donne ebbero un rilevante ruolo nella Rivoluzione Iraniana, ruolo riconosciuto anche da Khumayni che dopo la Rivoluzione manifesterà una notevole apertura verso lo stato femminile (osteggiato dagli ambienti più tradizionalisti), lo si deve anche alle idee di Shar‘iati. L’evoluzione della condizione femminile in Iran meriterebbe una trattazione a parte, ma va detto che la Rivoluzione Iraniana ha portato vari progressi fra cui maggiori diffusioni di ruoli pubblici e la triplicazione del tasso di alfabetizzazione femminile non disgiunte da varie contraddizioni, esempio l’obbligo del velo.
Ulteriore valenza del pensiero di Shar‘iati secondo autorevoli analisi, in quella corrente di pensiero denominata ‘teologia islamica della liberazione’ che vede l’Islam quale alternativa ideologica e politica ma distaccata dalle devianze jihadiste e terroriste.
Gran parte delle idee e del linguaggio di Shariati saranno ripresi da Khumayni che ne farà l’ossatura dell’ideologia alla base della rivoluzione iraniana, seppure è da rilevare che, passato il ‘momentum’ rivoluzionario, parte dei principi di Shar‘iati saranno in parte traditi dal corso degli eventi in Iran, ma questa è un’altra storia…
Per concludere questa velocissima trattazione su Shar‘iati appare utile proporre un paradosso che ricorre ormai costantemente in tutti i fenomeni ‘epocali’ espressi dall’Islam Politico anche nelle sue espressioni devianti. Rivoluzione iraniana, al Qa‘ida, ISIS ed autoproclamazione del Califfato, diffusione di gruppi jihadisti dall’Africa al Sud Est Asiatico. I veri ‘motori primi’ ideologici di questi fenomeni (Sayyid Qutb, al-Mawdudi, Ali Shar‘iati, Abdulla ‘Azzam ed altri) rimangono colpevolmente poco trattati a livello mediatico o di centri di geopolitca o di relazioni internazionali. Tutto ciò non aiuta nè la comprensione, nè il confronto e meno che mai il contrasto verso le drammatiche devianze di tali fenomeni.