Venezuela, Maduro, autoritarismo, zampino Usa, petrolio e porcherie

Venezuela, Maduro, autoritarismo,
zampino Usa, petrolio e porcherie

Ripresa da sommario. Pasticcio venezuelano, ognuno libero di leggerla e di raccontarla come più gradisce. Maduro despota o Maduro ‘chiavista’ vittima dell’imperialismo Usa, e forse un po’ l’uno e un po’ l’altro. L’improntitudine di Trump nel riconoscere al volo l’autonominato presidente Bis, a far crescere i sospetti e a sollevare memoria di antichi colpi di Stato nel ‘giardino di casa del nord padrone. La Russia che avverte contro una Ucraina o una Libia bis, e manda contractors anti golpe. E l’Europa atlantica che segue con un po’ dei vergogna, non sapendo dove meglio andare. L’Italia governativa che litiga anche su quello. E l’Onu, Consiglio di sicurezza, che si vede sbeffeggiato con l’arrivo del delegato Usa, storico intrallazzatore di ingerenze americane in America Latina. Sintesi: rischio di trappola ideologica in assenza di ragioni chiare e un univoche. Per fortuna il Papa sudamericano dice cose di saggezza…

Caotica situazione su tutto l’emisfero

Riunione straordinaria del consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Paesi divisi fra garantisti della sovranità venezuelana e un crescente numero di stati sostenitori di una transizione politica. Ennesimo segno delle contraddizioni politiche interne alla Casa Bianca, l’«inviato speciale» di Washington per il Venezuela, Elliot Abrams. Falco di lungo corso e già sottosegretario di stato con portafoglio all’interventismo centro americano sotto Ronald Reagan -lo ricorda Luca Celada, sul Manifesto- parte con la prevedibile denuncia del regime madurista definito «stato mafioso» dal Segretario di stato Mike Pompeo. Chi bene comincia… Il ministro degli esteri del Venezuela Jorge Arreaza sceglie l’ironia: assurda l’autopromozione a presidente, e sovversivo il riconoscimento che alcuni governi gli hanno accordato, «Una azione intrapresa degli Stati uniti e dai suoi stati satellite che ha chiamato pericolosa per il diritto internazionale e per l’umanità».

Ritorni di guerra fredda

Abrams, il reganiano di ritorno, ripesca dal repertorio Cuba e Russia. L’ambasciatore russo Vassily Nebenzia, ricorda all’inviato di Trump i suoi trascorsi contro i Sandinisti in Nicaragua e l’Fmln in El Salvador. «Certo una persona condannata per sovversione, connivente con assassini e narcotrafficanti, forse non è la migliore per parlare di diritto internazionale» ha affermato secco. Memoria dei sanguinosi anni ‘80 quando Washington finanziava la guerra dei contras e dell’esercito somozista. Abrams fu allora uno degli architetti dell’affare Iran-Contra in cui la guerra segreta venne finanziata dagli Usa con la vendita di armi all’Iran e l’arruolamento di narcotrafficanti regionali. Persino con un po’ di P2 a triangolare milioni di dollari. All’epoca Abrams era il principale portavoce della linea reaganiana che negava le ingerenze paramilitari e le stragi delle fazioni finanziate e dirette da Washington all’insaputa del congresso. Per il suo ruolo venne condannato per aver mentito al congresso ed in seguito amnistiato da George Bush.

Ritorno alla dottrina Monroe?

L’ambasciatrice cubana Anayansi Rodríguez Camejo definisce l’attuale politica americana un ritorno alla dottrina Monroe che considerava l’America Latina il cortile di casa di Washington. L’Organizzazione degli Stati americani non riconosce a maggioranza l’autopresidente Juan Guaidó. Ma poi arriva all’Europa… Emmanuel Macron, Pedro Sánchez e Angela Merkel che provano a dare ordini dall’altra parte dell’Atlantico: «Elezioni entro otto giorni, eque, libere, trasparenti e democratiche», oppure riconosciamo Guaidò. Rincorre Federica Mogherini in nome dell’Ue. Totalmente ignorata la proposta lanciata delle cancellerie del Messico e dell’Uruguay -ricorda Claudia Fanti- per un «nuovo negoziato includente e credibile», accolta dal presidente Maduro ma respinta dall’autoproclamato presidente che liquida con «dialoghi inutili e dilatori» contando forse su azioni di forza esterne.

Usa, via i diplomatici, altri arrivi?

Il personale diplomatico Usa, prima della scadenza dell’ultimatum di 72 ore dato da Maduro, ha lasciato il paese scortato dagli agenti della sicurezza venezuelana fino all’aeroporto, contando su un rapido ritorno. Dunque l’Europa si schiera, mentre l’Italia litiga. Scontro Di Battista-Salvini, col vice premier favorevole all’ultimatum a Maduro, e l’esponente M5S che replica che è una “stronzata megagalattica”. Di fatto silenziati il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. E ogni ‘sparata’, eccesso, potrebbe compromettere l’incolumità dei nostri connazionali in Venezuela, che sono molti. L’allarme 5 Stelle, oltre il linguaggio, denuncia il rischio di destabilizzazioni già viste. “Identico schema che si è avuto anni fa con la Libia e con Gheddafi. Qua non si tratta di difendere Maduro. Si tratta di evitare un’escalation di violenza addirittura peggiore di quella che il Venezuela vive ormai da anni”.

Il Papa: ‘Soluzione pacifica e diritti umani’

Papa Francesco in visita pastorale a Panama, altra America latina politicamente inquieta, alla fine rompe il silenzio sulla crisi venezuelana attraverso la Sante Sede. «Il Santo Padre segue da vicino l’evolversi della situazione e prega per le vittime e per tutti i venezuelani». Nel comunicato Vaticano «La Santa Sede appoggia tutti gli sforzi che permettano di risparmiare ulteriore sofferenza alla popolazione». Le parole di Francesco dopo confronti continui con la nunziatura di Caracas e i vescovi del Venezuela. Molti dei presuli locali hanno chiesto in queste ore che si rispetti il diritto della popolazione alla protesta, e sono scesi loro stessi in piazza coi manifestanti. Le parole di Bergoglio sono in ogni caso più prudenti e mostrano la costante preoccupazione della diplomazia pontificia per una soluzione pacifica senza entrare direttamente dentro le vicende politiche.

 

L’uomo di Trump in Venezuela
falco anticomunista di Reagan

Paolo Marzo su ‘il Giornale’, che non è stampa di sinistra.
«Per chi vuole che la tragedia venezuelana finisca in tempi brevi e a Caracas torni la democrazia, la scelta di Elliot Abrams come rappresentante speciale per il Venezuela del governo Trump è una splendida notizia». Così Jaimes Bayly, saggista e analista che ogni sera conduce un programma tv sul canale di Miami MegaTV, seguitissimo dai venezuelani in fuga dalla dittatura. Applausi a destra, con qualche preoccupazione.

Dal 1981 sotto la presidenza di Ronald Reagan fu infatti proprio Abrams a occuparsi di contenere l’espansione del comunismo in Centroamerica. Era un altro mondo, diviso da una Guerra Fredda che si giocava su scala mondiale ed era proprio lui il diplomatico decisivo al Dipartimento di Stato per organizzare l’esercito dei Contras (contro-rivoluzionari) al fine di limitare l’espansione dei sandinisti nicaraguensi nella regione. Quando venne fuori lo scandalo Iran Contras, fu condannato per avere nascosto informazioni al Congresso degli Stati Uniti che lo aveva convocato, ma Bush padre lo graziò e lui torno ad occuparsi della sicurezza nazionale sotto la presidenza di Bush figlio.

Il curriculum dell’inviato USA in Venezuela: Golpe contro Chavez nel 2002, guerra all’Iraq 2003, scandalo Iran-Contra, appoggio ai dittatori di Hounduras, Salvador, GuatemalaIl curriculum dell’inviato USA in Venezuela: Golpe contro Chavez nel 2002, guerra all’Iraq 2003, scandalo Iran-Contra, appoggio ai dittatori di Hounduras, Salvador, Guatemala. La nomina di Elliott Abrams come inviato per il Venezuela ha scandalizzato vari giornalisti statunitensi, anche quelli più ostili a Maduro, dato il passato e gli scandali che lo hanno coinvolto, dall’Iran-Contra, all’appoggio ai dittatori di Honduras, El Salvador e Guatemala negli anni ’80.

Qualche dettaglio in più di Wikipedia e dall’Antidiplomatico. Ed Elliott Abrams diventa ‘una lugubre esperienza in America Latina e Medio Oriente’. Bella nomea vero? Nuova missione per il vecchio diplomatico, sostituire il presidente Nicolas Maduro con l’autoproclamato presidente Juan Guaido, riconosciuto dagli Stati Uniti. La nomina è un tentativo da parte degli Stati Uniti di introdurre un controllo diretto del Venezuela come “futuro vassallo regionale”, ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.

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