Banche, il mio salvataggio è più bello del tuo: polemiche e fatti

Banche, il mio salvataggio è più bello del tuo

Sul salvataggio di Carige, ancora tutto da realizzare, si stanno leggendo alcune dietrologie ed interpretazioni politiche che nulla hanno a che vedere con la situazione della banca.
Parliamo, intanto, di una banca privata nella quale l’azionista di riferimento, la famiglia Malacalza, ha investito finora 400 milioni per il 27% circa, mentre tutta la banca vale oggi poco meno di ottanta. La banca è reduce da ben tre aumenti di capitale di un certo peso, l’ultimo di 500 milioni, che nulla hanno potuto per risolvere i problemi di sottocapitalizzazione e di liquidità.

Molti i motivi: la crisi economica iniziata nel 2007, che ha coinvolto molti suoi clienti, con il risultato che la banca ha dovuto mettere a bilancio una mole incredibile di crediti inesigibili, oggi pari a tre miliardi, dopo cessioni consistenti di altre quote; il pressing della Banca centrale europea e della banca d’Italia per rientrare nei parametri patrimoniali previsti; una certa conflittualità tra i soci principali della banca e gli organi di amministrazione; la situazione politica del Paese.

Il fattore scatenante dell’iniziativa governativa di cui stiamo parlando oggi è il mancato aumento di capitale, per ulteriori 400 milioni, che avrebbe dovuto essere approvato dall’assemblea di dicembre. Per il rifiuto, principalmente, dell’azionista di maggioranza relativa. Non senza ragione, sembrerebbe. Il punto nodale sarebbe la prevista cessione dei restanti crediti problematici della banca alla Sga, società specializzata nel recupero crediti, come avvenuto per altre operazioni similari di sistema in passato.

Malacalza ha avuto l’impressione che si volesse forzare la mano, sottraendo alla banca asset patrimoniali consistenti, senza che ciò fosse strettamente necessario. La Sga, infatti, come altri organismi similari, potrebbe pagare quei crediti -bene che vada- al 30% del loro valore. Si tratta, in gran parte, di crediti assistiti da garanzie reali. Quindi, gravanti su palazzi, ville, aziende, navi e così via che hanno un certo valore di mercato. E qui sorge il dubbio. Suffragato da episodi precedenti non proprio chiari.

Questi crediti fanno gola e, con il tempo e le dovute iniziative, possono essere in gran parte recuperati. Quindi, perché cederli nella loro interezza? La stessa Sga, che li acquisterebbe, è un esempio emblematico in tal senso. Nata a suo tempo per recuperare i crediti inesigibili del Banco di Napoli, li ha poi recuperati per circa il 90%. Tanto, che disponendo oggi di una liquidità di 600 milioni, è stata in grado di partecipare al salvataggio delle banche venete. Allora -si è chiesto Malacalza- questi crediti valgono qualcosa, o bisogna mettere mano, ancora una volta, al portafoglio?

Il problema sono i tempi. La Bce preme per una rapida soluzione. Il fondo interbancario ha già anticipato 320 milioni (ad un interesse del 16%…) e non ha manifestato alcuna intenzione di trasformarli in azioni. La fiducia della banca sul mercato rischia di ridursi man mano. Ecco perché l’intervento di questo governo – almeno come forma di paracadute per ridare fiducia, prima di sborsare denaro pubblico- è il benvenuto. Come sono stati sacrosanti gli interventi dei governi precedenti sulle altre banche.

Ecco perché vanno circoscritte nell’ambito delle polemiche senza senso le interpretazioni politiche di una parte o dall’altra.
In questi casi, in primo piano va posto l’interesse nazionale e la tutela del pubblico risparmio. Come recita la stessa Costituzione. E come hanno fatto, senza tante chiacchiere e tentennamenti, molti importanti Paesi.
Ma no: in Italia, si discute e si polemizza. Le cose non si affrontano ed intanto le situazioni si deteriorano.

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