
Ci sono cose delle quali non amavo parlare. Per una sofferenza personale, per un senso di ingiustizia che la pervade e la tiene in bilico tra malessere e rabbia. La libertà dell’informazione e la giustizia. Scrivo che “non amavo” perché nel tempo le cose mutano. Sull’informazione ho preso coscienza, ho attraversato il bosco oscuro delle mie paure, delle aspettative e di quel reticolo di conformismo che la sostiene: quindi talvolta ne parlo. Scrivo, con quel mio modo barbaro di porre fuori dagli schemi il pensiero, di esprimere senza valutazione del vantaggio lo spirito critico. Polemos è figlio di questa purezza.
Sulla giustizia invece fatico ancora. Fatico ancora tanto a parlare di legalità, preferisco sviare, evitare, non riaprire la ferita. Ma oggi no. Mi torna alla mente una frase di uno spettacolo teatrale bellissimo, uno dei più belli che ho visto, Mingus di Antonio Campobasso. Sanguino, perché ho deciso di sanguinare”, dice il protagonista. Quindi sì, le ferite, quando sono ferite profonde, devono insegnare e continuare a sanguinare.
Massimo Lettieri è il presidente della cooperativa di Rimaflow, la fabbrica recuperata, un luogo di incontro e solidarietà dove gli operai, dopo una delocalizzazione selvaggia e cruenta, hanno deciso di battersi. Per il lavoro, la vita, per la dignità. Una storia di bellezza e attenzione, in un periodo storico penoso, in cui l’indifferenza per la sorte degli altri e il conformismo intellettuale e politico stanno creando mostri.
I lavoratori di Rimaflow si sono rimboccati le maniche e hanno preso possesso dell’abbandono, hanno riattivato un luogo che era nato per produrre: “L’esempio è quello delle fabbriche recuperate argentine, dall’occupazione al riconoscimento del lavoro in autogestione, senza padrone. O dei cartoneros di Buenos Aires, organizzati dall’avvocato Juan Grabois, che dall’informalità del recupero dei cartoni diventano uno strumento importante dell’organizzazione della raccolta rifiuti formale della città, creando centinaia di posti di lavoro regolari”, così scrive di questa esperienza Gigi Malabarba.
Un’esperienza talmente bella e fertile da non credere. Troppo giusta quindi pericolosa in una fase in cui l’impegno politico e sociale non devono avere spazio reale, sostituiti dall’oscenità del virtuale e dalla farneticazione della politica. Mentre chi produce profitto sulla pelle degli esseri umani vive un momento di insperato fulgore.
Così gli attacchi si sono fatti più duri. Conta più la vita di centinaia di persone che attraverso l’irregolarità produce benefici sociali e legalità sostanziale o la freddezza del sistema che produce scarti umani e difende la legalità dell’ingiustizia reale?
Non entro nel merito dell’inchiesta, ma conosco come funziona. Massimo Lettieri, splendido saldatore che negli anni ha fatto il sindacalista, l’attivista, l’organizzatore della cooperativa Rimaflow, di punto in bianco si è trovato in galera, con accuse durissime e spregevoli. Lui, il leader naturale di quello che per me è il senso della politica: leale, sempre dalla parte degli indifesi, pronto a sacrificare se stesso per un’idea di giustizia.
Ora è ai domiciliari. E questo schiaffo sembra una condanna alla lotta, all’attivismo, a chi solleva la testa e non la china con servilismo. Per me Massimo è un esempio, oltre che un amico e un compagno che stimo. Se la politica tornasse a esprimere leader veri, che nascono dalle lotte civili e sociali, lui sarebbe il mio leader. Ma la politica ha rinunciato a svolgere questo ruolo, per questo cresce il fronte di chi si sente privo di rappresentanza. Ed è pericoloso.
Sono le piccole cose che cambiano il mondo. Le azioni semplici, reali, che ci fanno bene al cuore e nel contempo fanno bene alla vita di tutti. Massimo, Rimaflow sono gli esempi che ognuno di noi deve portare nel cuore. Niente avviene per caso. Ogni libertà, ogni forma di uguaglianza e di giustizia sociale è stata forgiata nella lotta, è stata ottenuta con la fatica di chi si è battuto, con intelligenza e poesia, con determinazione e coraggio, per cambiare le regole di un gioco perverso. Per cambiare il mondo quando ci si mostra in tutte le sue ingiustizie.