
Sarajevo all’ultimo respiro, capitale più inquinata al mondo
AQI, Air Quality Index, un valore che indica la quantità di PM, il cosiddetto ‘particolato fine’ di ogni tipo di combustione, in grado di penetrare più profondamente nelle vie respiratorie, più dannoso ancora per la salute, potenziale causa di malattie polmonari, cardiache e del sangue, predice Alfredo Sasso da Sarajevo su Osservatorio Balcani e Caucaso, con tanto di foto allegata a darci l’idea del traffico nel centro urbano.
(https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Sarajevo-aria-irrespirabile-191807). Un valore AQI fino a 100 è “accettabile”, per poi-spiega Sasso- diventare “malsano”, “molto malsano” e, oltre i 300, “allarmante”, un dato che di fatto costringe l’intera popolazione a non uscire di casa e prendere precauzioni.
Scopriamo che, nei giorni tra il 2 e il 4 dicembre, Sarajevo è stata la capitale più inquinata al mondo, a dare retta ai dati offerti dall’ambasciata Usa sgradita conferma di quanto già denunciato dall’Organizzazione Mondiale della Salute sull’inquinamento generale in Bosnia & Erzegovina, quindi al fondo classifica, tra i Paesi più inquinati già nel 2016, battuta solo da Ucraina, Bulgaria, Bielorussia e Russia, e seconda nel 2017, e solo grazie alla Corea di Kim Jong-un.
Cause tante, colpevoli infiniti. Sarajevo, città chiusa in una conca tra colline e montagne con scarsa circolazione d’aria. Poi le causa artificiali. «In alcune città bosniache le emissioni industriali rappresentano una parte consistente del problema, come nel caso della centrale termoelettrica a carbone di Tuzla, o dell’acciaieria Arcelor-Mittal di Zenica, con emissioni totalmente fuori scala di diossido di azoto e diossido di solforo». A Sarajevo, i principali avvelenatori sono invece il riscaldamento e il traffico automobilistico.
Dall’ultimo dopoguerra, 1992-1995, il ritorno ai combustibili solidi. Carbone il materiale più conveniente ma anche il più inquinante. Sempre da Osservatorio Balcani, dati censimento 2013, nel cantone di Sarajevo: 146.000 abitazioni a legna, 69.000 a gas, 21.000 a carbone, 16.000 a elettricità e altrettante con oli combustibili. Negli anni ’70 l’amministrazione di Sarajevo provò con incentivi per la conversione a gas del riscaldamento domestico, ma tutti in Bosnia si inciampa sul ‘chi comanda’, nello «spezzatino tra i diversi livelli di governo».
Non esiste un ministero dell’Ambiente statale, materia gestita dalle due ‘entità’, e la Federazione croato musulmana delega ai cantoni. I serbi di Banja Luka, non si sa bene se se ne occupano. Nel caso della Federazione, la materia è prevalentemente delegata al livello dei cantoni. Progetti o inesistenti o a rallentatore, sembra di capire. Mentre appare inarrestabile l’Orco Cattivo delle auto, spesso residui bellici ad emissioni da criminali. Età media 17 anni. Il 69% è diesel, il 21% è euro 0 pre guerra 1991. Corri lungo l’ex ‘viale dei cecchini’
e muori lo stesso.
Il test sui gas di scarico diventerà vincolante per la revisione dal 2020, ci informa Alfredo Sasso, ma solo in Federazione BiH e non in Republika Srpska. Le targhe alterne sono rimaste il mal riuscito dono di Natale 2016, e poi basta. Scarse sensibilità ambientali, inconsistenza politica, e poche cifre attendibili sulla salute. «Una vera diagnosi», chiede “Eko Akcija”, organizzazione ambientalista. Reazioni dopo i dati del 3 dicembre?
«All’indomani del primato mondiale, un consulente scientifico del parlamento cantonale aveva affermato che il misuratore della qualità dell’aria non sarebbe stato attendibile, perché sarebbe stato alterato dal camino di una vicina ćevabdžinica (un ristorante dove si vendono i ćevapi, le tipiche salsicce di carne macinata)».
Vergogna. Noi le parolacce in bosniaco le conosciamo ancora, ma non ci sembra il caso di sprecarle per simile omuncolo.