
Sanzioni Usa all’Iran, ‘sconto Italia’ è l’ultimo
L’esenzione dell’Italia dalle sanzioni americane contro l’Iran non verrà più rinnovata, avverte su La Stampa Paolo Mastrolilli da New York. «Le nostre compagnie dovranno decidere se concludere affari con gli Usa, o con la Repubblica islamica, e le violazioni saranno punite», l’avvertimento, le pacche sulle spalle del TweetPresidente al nostro Conte sono esaurite. L’accusa trumpiana, isolata dal resto del mondo, sempre la stessa, replicata da Brian Hook, rappresentante Usa per le politiche con Teheran: «Con i soldi del petrolio la Repubblica islamica finanzia il terrorismo». E ognuno se ne sceglie uno.
In contemporanea, l’Onu smentisce: «L’Iran rispetta i suoi impegni sul nucleare». La convocazione del Consiglio di sicurezza era stata sollecitata da Usa e Israele sullo sviluppo del programma missilistico iraniano, nucleare e missili vietati solo ad alcuni. L’occasione per la vice segretario generale Onu per gli affari politici Rosemary DiCarlo, per ricordare che l’Iran «continua a mettere in opera i suoi impegni legati al nucleare». Poi la perorazione quasi beffa: «E’ essenziale che il Piano continui a funzionare per tutti i partecipanti e che fornisca dei vantaggi economici tangibili per il popolo iraniano».
Nota l’attenzione di Trump alle Nazioni Unite, agli accordi internazionali preesistenti e agli alleati a conto commerciale, le sanzioni unilaterali dichiarate contro l’Iran, costeranno all’Italia molto più soldi di quanto ci raccontino. Con tre concetti base: 1) L’Italia ha interessi con l’Iran molto importanti. “) Le ulteriori sanzioni statunitensi mettono in crisi questo rapporto. 3) Pronta ad approfittarne, la Cina. Le sanzioni Usa, in vigore dall’inizio di novembre, sono extraterritoriali. Colpiscono le aziende che attuano transazioni in dollari con l’Iran, o hanno sedi in America o un controllo statunitense. Praticamente il mondo.
Dati Eurostat, interscambio Europa Iran dell’anno scorso, circa 21 miliardi di euro, ed il principale partner europeo dell’Iran è, per una volta tanto l’Italia. Stando ai dati della Camera di commercio e industria italo-iraniana il nostro paese nel 2017 si è collocato al primo posto per interscambi complessivi. Più di cinque miliardi di euro. L’anno scorso il valore delle nostre esportazioni all’Iran è stato di oltre 1,7 miliardi di euro. Meglio di noi in Europa ha fatto solo la Germania (che si è avvicinata ai 4 miliardi). Il grosso delle vendite all’Iran è costituito dai macchinari, prodotti chimici e farmaceutici.
In realtà noi dall’Iran, sopratutto importiamo, sopratutto petrolio: l’anno scorso quasi 3,4 miliardi. E in questo siamo primi nella classifica europea. Rispetto all’anno precedente le nostre importazioni di greggio sono aumentate di oltre il 330%. Gli Stati Uniti hanno concesso all’Italia e ad altri sette paesi di continuare a importare petrolio. Ma solo sino a maggio, ed adesso, l’annuncio del divieto totale Usa, salvo preghiere ed intercessioni. Per il resto, difficile, se non impossibile, procedere con le transazioni. Le banche italiane ed europee hanno rapporti molto stretti con gli Stati Uniti e sono inevitabilmente ricattabili.
L’Unione europea a settembre aveva proposto lo Svp, Special Purpose Vehicle, un meccanismo legale che consentirebbe alle aziende europee le transazioni con l’Iran bypassando gli Stati Uniti. Idea è complessa, qualcosa di similer al baratto, senza movimento di soldi. Ma ecco spuntare il fantasma Cina, diventata il principale partner dell’Iran (ed ecco il vero perché del recente fermo della direttrice finanziaria di Huawei). La sua fetta commerciale rappresenta il 19,5% di tutte le transazioni. Seguita dagli Emirati Arabi (16,8%) e Unione europea (16,3%). Prima delle sanzioni, però, erano proprio i paesi europei a classificarsi in testa.
Come già detto, il nostro paese è fortemente esposto per quanto riguarda le importazioni di petrolio dall’Iran. E come abbiamo visto gli Stati Uniti ci hanno concesso una deroga (solo sino a maggio) rispetto alle sanzioni su questo tipo di transazione. Sanno però perfettamente (gli Usa) quanto siamo vulnerabili dal punto di vista energetico. E questo potrebbe potenzialmente essere usato come arma per stimolarci a non usare un certo tipo di tecnologia. “Noi siamo loro alleati. Gli Stati Uniti difficilmente arriveranno a vietarci le importazioni di greggio”, sosteneva qualcuno. Ma Brian Hook su ordine di Trump smentisce.