
Mine, l’arma più vigliacca che uccide nel mondo
Un tempo, non tanto tempo fa, le mine antiuomo le costruivamo anche noi, in Italia. Valsella, Montichiari, su nel bresciano, sino al 1994 quanto lo sdegno superò i vantaggi e l’azionista Fiat abbandonò. In tempi di frequentazione giornalistica di guerre, valenti sminatori delle nostre forze armate impegnati in Bosnia, reparti BOE, Bonifica Ordigni Eplosivi, me ne mostrarono alcune. La bastardaggine assoluta della tecnologia, tutto in plastica per beffare i metal detector, la ricerca a una per una, rischio moltiplicato all’infinito, per quella scatola di morte con quel poco di esplosivo per non ammazzare subito, storpiare per bloccare più soldati nei soccorsi, o per infinite sofferenze per civili e sopratutto bambini che sono finiti a giocarci sopra. Scusate il predicozzo di indignazione personale jugoslava, e passiamo ai dati.
Secondo il rapporto annuale dell’Osservatorio sulle mine, reso noto dalle Nazioni Unite, il drammatico bilancio -7mila 200 quelli registrati, molti di più quelli reali- le vittime sono distribuite in 49 Paesi, inclusi quelli in cui i conflitti sono terminati ma restano vaste aree ancora minate (in Angola, Mozambico, Birmania, Colombia, Azerbaigian o il confine tra Etiopia ed Eritrea), anche se la maggioranza si registrano in Afghanistan (1.093) e in Siria (887). Il rapporto rivela che le vittime di questi ordigni sono per l’87 per cento civili, contadini spesso, e di questi il 47% -la metà di quei morti e feriti- è costituito da bambini: nel 2017 secondo il rapporto sono stati 2.452 i minori uccisi da mine o ordigni improvvisati interrati. 779 milioni investiti nel 2017 per gli sminamenti nel mondo. Poco più di nulla rispetto alla dimensione del dramma.
Il rapporto dell’Osservatorio si basa evidentemente su dati incompleti, valutati molto al di sotto di quelli reali tenendo conto delle difficoltà a raccogliere informazioni nelle zone di guerra o in aree isolate. Il rapporto sottolinea inoltre come il numero delle vittime di ordigni anti-uomo resti elevato per il terzo anno consecutivo: in ribasso rispetto alle 9.437 del 2016 ma in rialzo rispetto alle 6.967 del 2015. Poi le strumentalità di parte, bugie arma di guerra. Una campagna mediatica occidentale sostenuta dalle monarchie sunnite del Golfo accusa Assad per crimini di guerra e uccisioni indiscriminate di civili nel conflitto siriano, ma nessuno ha denunciato l’utilizzo di mine antiuomo da parte delle forze governative. Peggio i dati sulle milizie jihadiste con la popolazione considerata un bersaglio delle loro azioni o elemento sacrificabile.
Neppure gli errori nei bombardamenti aerei statunitensi in Afghanistan, americani o russi in Siria, avrebbero provocato un così elevato numero di vittime come quelle registrate dagli ordigni anti uomo utilizzati dai ribelli per ostacolare l’accesso ai centri abitati delle forze governative o rendere più difficili i transiti dei convogli lungo arterie stradali, precisa Analisi Difesa. Il rapporto denuncia che gruppi di insorti hanno sicuramente fatto ricorso a questi ordigni in Afghanistan, Colombia, Birmania, Nigeria, Pakistan, Tailandia e Yemen. Mine disponibili tante. Paesi che non hanno firmato la convenzione di Ottawa che le mette al bando: Usa, Russia, Cina, Corea del Nord, Yemen, Arabia Saudita, Azerbaigian, Egitto, Cuba, India, Emirati Arabi Uniti, Iran, Pakistan, Siria e Iran. Complimenti ai Paesi associati a tanta vergogna.