Bugie ambientali contro il mondo, da Trump al ponte di Genova

Caro Trump, salva l’ambiente
o affonderai anche l’economia

Bugie ambientali contro il mondo, da Trump al ponte di Genova
Vogliamo salvare la Terra? E allora mettiamola così, ché forse funziona di più: freghiamocene dell’etica, dei tramonti struggenti, delle albe dorate, delle acque cristalline e delle nuvole che sembrano dipinte in cielo dalle mani incantate di un acquarellista dell’Ottocento. No, pensiamo più cainescamente ai dollari e all’ingrasso. In tal modo, la pessima novella in arrivo forse smuoverà finalmente le coscienze delle masse di politicanti (in realtà biechi avventurieri) che dalle tribune parlamentari di mezzo mondo cianciano di salvaguardia dell’ambiente.
Bene, questa volta gli scienziati hanno deciso di colpire il nervo scoperto, parlando chiaro: se non si mette di gran corsa un freno all’inquinamento e alle emissioni di CO2 l’economia delle nazioni più industrializzate ne uscirà con le ossa rotte. Aria lurida, foreste con l’enfisema, oceani “plastificati”, temperature sahariane e registratori di cassa desolatamente vuoti, insomma, camminano a braccetto. Alla faccia di chi sa solo parlare, promettere e ingozzarsi oggi, convinto che il conto lo pagheranno gli altri, in chissà quale futuro.

No, non funziona così

A dirlo è l’ultimo report, il quarto, del National Climate Assessment americano, che ha preso gli Stati Uniti a modello. Negativo, ovviamente. I climatologi a stelle e strisce hanno sentenziato che il loro Paese perderà miliardi di dollari se non si metterà immediatamente un freno alla politica di bruciare allegramente tutto ciò che è fossile. Le cose stanno così? Apriti cielo. Il Presidente Trump, che ama svisceratamente il carbone (forse glielo portava la Befana quando era piccolino), adora l’effluvio del kerosene e ama sniffare taniche di benzina, si è imbufalito.
Per lui l’energia fossile è sangue del suo sangue. Per cui, volendo sbeffeggiare i climatologi, guardando una Washington seppellita da una tormenta di neve siberiana ha esclamato: “Ma come è finita col riscaldamento globale”? Gli hanno risposto a tiro di palla millanta compatrioti: “Apriti la televisione scimunito, e vedrai la California trasformata in un gigantesco barbecue”. Bene, cioè, male. Visto il comandante, allora non meravigliamoci se la corazzata Usa sembra ormai un logoro caicco, sballottato dai vortici dell’incertezza e dell’improvvisazione.

Non dramma ma catastrofe

E per essere più chiari, i climatologi hanno fotografato una situazione nella quale gli Stati Uniti sono stati rivoltati sottosopra. “Se non si fa subito qualcosa, non sarà un dramma, ma una catastrofe”, hanno scritto. Nella South Carolina le acque degli invasi già esondano oltre le dighe; nel Mid-West i raccolti o bruciano o marciscono; nelle Grandi Pianure del West per vedere un po’ di erba verde bisogna dipingerla e, last but not least, in Florida gli insetti sciamano a ondate di miliardi, come nei film fanta-horror.
Altri riferimenti più sofisticati, ma altrettanto terrificanti, riguardano il precoce invecchiamento delle infrastrutture (autostrade, ponti, linee elettriche, acquedotti, piste e “facilities” aeroportuali), dovuto a fenomeni connessi alle impennate climatiche: dal caldo torrido, che incide sulla fatica dei materiali, alla gelifrazione, che spacca pilastri e impalcati in cemento, fino alla dilagante umidità che ossida e corrode i metalli. In definitiva, conclude il rapporto, i cambiamenti climatici avranno una pesante ricaduta a cascata in ogni angolo della vita americana e diminuiranno la produttività del lavoro nell’intero sistema-Paese.

I veleni contro il ponte di Genova

La Casa Bianca ha cercato di mettere una pezza al panico diffuso dal rapporto. La portavoce Lindasy Walters ha minimizzato, dicendo che il documento sottolinea le ipotesi più estreme. Sfortunatamente, per lei (e per il Presidente) però le carte tirate fuori dalla “intellighentsia” climatologica Usa “cantano” e snocciolano cifre che sembrano scudisciate. Le perdite previste per l’economia americana, a causa dell’inquinamento “indotto da attività umane”, saranno presto stratosferiche. E arriveranno a oltrepassare il Prodotto interno lordo di alcuni dei cinquanta Stati.
Come profezia non c’è male. Se poi la sommiamo al lacerante grido d’allarme lanciato alla Conferenza mondiale IPCC sui cambiamenti climatici tenutasi in Corea, allora c’è da vedersi rizzare i capelli in testa. E per finire, in cauda venenum, occorre anche ricordare che negli ultimi 15 anni la deforestazione, in Brasile (Amazzonia e Mato Grosso) ha toccato punte devastanti. Ergo: se le emissioni di CO2 dovessero fare aumentare la temperatura di 2 gradi rischiamo lo scioglimento dei poli. Senza dimenticare che, per la crisi dei raccolti e le ricorrenti carestie, in futuro potrebbero arrivare dall’Africa fino a 70 milioni di profughi spinti dalla fame. Basta?

 

AVEVAMO GIA’ DETTO

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