Sfidava jihadisti e Assad, giornalista ucciso. Su Aleppo, i gas dei ribelli

Raed Fares, giornalista,
attivista civile, uomo libero

Sfidava jihadisti e Assad, giornalista ucciso. Su Aleppo, i gas dei ribelli

Era già stato ferito gravemente in un agguato riconducibile a gruppi estremisti islamici, arrestato e minacciato da uomini di Bahsar al Assad, imprigionato e torturato dallo Stato islamico. Eppure, mai una volta, il pensiero della fuga. «Cosa possono fare, ammazzarmi? Mi ammazzino pure. Io non me ne vado per lasciare il mio Paese nelle loro mani». E così è accaduto. Fares aveva 46 anni ed era noto anche al di fuori dalla Siria per la sua attività a favore della democrazia, del laicismo e dei diritti delle donne. Dei sicari lo hanno atteso all’uscita del suo ufficio, hanno inseguito la sua macchina e gli hanno sparato mentre tentava di fuggire a piedi insieme al suo braccio destro, Hammoud Juneid, morto anche lui.

Sconvolta la comunità degli attivisti siriani all’estero, i giornalisti internazionali che conoscevano lui e Juneid. Fares era infatti l’ultima delle grandi voci della rivoluzione civile ad essere rimasta in Siria. Tutti gli altri erano stati uccisi o costretti a scappare. Anche dopo essere stato ferito da colpi di proiettile sull’uscio di casa, anche dopo essere stato rapito e torturato, aveva scelto di rimanere a Kefranbel, la cittadina che Fares aveva fatto diventar famosa per le manifestazioni pacifiche anti Assad da lui organizzate in cui i giovani, ogni venerdì sfilavano con cartelli satirici che prendevano di mira jihad e il governo di Damasco, ma anche l’immobilismo dell’Occidente e la spietatezza della Russia e dell’Iran.

A guerra jihadista ormai esplosa, Fares aveva creato una radio, Radio Fresh, da cui trasmetteva in tutto il Nord della Siria, in sfida aperta agli estremisti islamici. Quando gli avevano contestato il fatto che trasmettesse musica aveva risposto mandando in onda i versi di animali per prendere in giro chi lo attaccava. Quando gli avevano chiesto di mettere a tacere le voci femminili le aveva mascherate trasformandole in caricaturali voci maschili. «La verità è che i siriani sono vittime di due forme di terrorismo, quello di Assad da una parte e quello dell’Isis e degli altri estremisti dall’altra», aveva detto due anni fa all’Oslo Freedom Forum dove avrebbe potuto rimanere da rifugiato.

Tornano a colpire i gas
ma sono certo dei ribelli

Oltre cento persone sono rimaste intossicare da gas tossici dopo che i ribelli hanno colpito la periferia di Aleppo con proiettili al cloro lanciati da mortai. Il governo di Damasco parla di 30 “feriti gravi”, compresi molti bambini scrive La Stampa. La Russia ha chiesto alla Turchia di intervenire per fermare gli attacchi. L’aviazione di Mosca ha compiuto raid di rappresaglia su postazioni nella provincia di Idlib controllate da miliziani jihadisti, legati ad Al-Qaeda. Non è chiaro se ci siano state vittime civili in questi attacchi.

Sono i primi raid da due mesi nell’area di Idlib, da quando un accordo fra Mosca e Ankara ha portato all’istituzione di una zona cuscinetto fra le province di Aleppo e Idlib e a una tregua prolungata. I bombardamenti russi e l’attacco chimico dei ribelli sono stati entrambi confermati dall’Osservatorio per diritti umani in Siria, la ong con sede a Londra, vicina all’opposizione, che dispone di una rete di osservatori su tutto il territorio siriano. L’Osservatorio ha riportato testimonianze di “un forte cattivo odore” e persone con problemi respiratori.

L’agenzia statale siriana ha precisato che i proietti hanno colpito “tre distretti” della metropoli e ferito “107 persone”. “Non abbiamo certezza sul tipo di gas usato – ha detto Zaher Batal, un medico alepino citato dall’agenzia Reuters -, ma sospettiamo che si tratti di cloro in base ai sintomi”. Nessuna rivendicazione ma maggiori sospetti sono su Hayat al-Tahrir al-Sham, la versione siriana di Al-Qaeda, che non ha accettato l’accordo di settembre fra Russia e Turchia. I jihadisti conducono una campagna all’interno della provincia di Idlib contro gli altri gruppi di ribelli, finiti sotto l’influenza e in alcuni casi il controllo diretto turco.

Gli stessi qadeisti sono sospettati anche dell’uccisione del giornalista e attivista anti-regime e anti-islamisti, Raed Fares.

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