
Genova senza il ponte, rischio crac. Alessandro Cassinis è cronista di mestiere e di razza, i fatti li cerca, poi li mette assieme, e poi suggerisce possibili conclusioni. Notizie: «Le noci di Grenoble e le arance Sanguinello dell’Andalusia devono fare fino a 159 chilometri in più per arrivare sui mercati di Firenze e Roma. Prima del 14 agosto i Tir carichi di frutta importata passavano sul ponte Morandi. Ora, una volta attraversata la frontiera in autostrada tra Mentone e Ventimiglia, arrivati a Voltri devono risalire dalla costa verso Tortona e poi a volte vanno a Piacenza per evitare la discesa lungo la Serravalle-Genova, che è lenta e consuma troppo i freni. Sembra un dettaglio, ma sono due o tre ore di viaggio in più».
Alessandro sa chiedere a chi conosce. E scopre ad esempio che coltivatori e autotrasportatori albenganesi, per assicurare l’arrivo puntuale delle primizie invernali e rispettare le tabelle orarie deve mandare spesso due autisti invece di uno. Chi ha pagato i maggiori costi in questi tre mesi, mentre il governo perdeva tempo ad abbozzare litigando il decreto Genova? E chi li pagherà da qui alla riapertura del ponte? Pagherà Genova, ciò che resterà dalla sua economia già segnata da molti problemi, pagherà tutto il Nord-Ovest, beffa all’improvvido pugno alzato del ministro Danilo Toninelli. «Da festeggiare non c’è nulla. Oltre ai 43 morti, oltre alle 266 famiglie sfollate che ora sono tutte ricollocate tranne due, rimaste in albergo, il fantasma del ponte ha lasciato un’eredità di danni difficili da calcolare».
Il crollo del Morandi ha messo in crisi la già fragile rete italiana delle infrastrutture e la legge appena approvata non basta a un vero rilancio, è il giudizio severo degli operatori economici di tutte le simpatie politiche. “Ogni viaggio ci costa cento euro in più!”. Esagerazioni? Un’ora e mezza per i suoi camion fra i terminal portuali di Prà e di Sampierdarena. Follia, da qui a chissà quando. ‘Trasporto unito’, 400 imprese e 5.000 mezzi, e qui ci capiremo forse soltanto noi genovesi, ma riferiamo. Per evitare il blocco del ponte passando più a Nord, i camion devono fare 125 chilometri in più, in autostrada consumi un litro di gasolio a 1,52 euro al litro ogni 2,7 chilometri, ed ecco i 70 euro in più a viaggio. Più gli extracosti di 50 euro l’ora per le code, anche di due o tre ore.
Cinque milioni di danni al mese per tutto il comparto. E la legge protegge gli autotrasportatori solo nel 2018. Nel 2019? Qualche dato che possiamo capire anche noi semplici automobilisti che su quel dannato e rimpianto ponte sul Polcevera, almeno una volta siamo passati tutti. Prima, col ponte, per percorrere il tratto tra Genova Aeroporto e Genova Ovest i camion facevano 2,9 chilometri in due minuti e 50 secondi e spendevano 95 centesimi e noi automobilisti, meno e ancora prima. Oggi, 9,3 chilometri in città, spesso a passo d’uomo: tempi e costi vanno moltiplicati per dieci. Poi il porto. A ottobre -8%. Minaccia peggiore di cui si è parlato poco: dopo la verifica strutturale dei principali viadotti, oggi è impossibile raggiungere il porto di Genova con il cosiddetto ‘project cargo’, trasporti eccezionali superiori anche alle 75 tonnellate.
L’impiantistica italiana da Genova imbarcava pezzi colossali per un valore di 5 miliardi di euro l’anno. Un carico impiega 26 giorni ad arrivare via mare dalla Cina. E poi? Sarà possibile garantire i tempi di consegna. La puntualità sarà strategica. Affidata ai miracoli. L’unica strada riaperta finora all’ombra del ponte crollato, via 30 giugno, è una lotteria continua con i semafori rossi che scattano appena i sensori sui monconi del Morandi segnalano un movimento sospetto. Nessuno sa dirti quanto può durare il blocco, perciò resti in coda o torni indietro a prendere l’autostrada. Valpolcevera stragolata, economia locale in agonia. In centro l’Acquario si è ripreso rispetto al tonfo di agosto, ma denuncia danni per 1,5-2 milioni di euro di diminuzione ricavi. Anche per scarse informazioni si come sia ancora possibile raggiungerlo.