
Ricordate l’eroica Kobane curda? Turchia alla resa dei conti
Chi non ricorda l’eroica Kobane curda, assediata dai turchi in Siria? Allora, due anni fa, Ankara fu costretta a fermarsi, a lasciare quel caposaldo isolato. Oggi, nel silenzio ipocrita del mondo, la Turchia verso la resa dei conti. A rompere silenzio e omertà, ci prova Linda Dorigo, su EastWest. ‘L’ultimo scontro a fuoco -ci racconta- risale a mercoledì scorso, Ankara che ammazza combattente delle milizie dell’Ypg, che son o quelli che hanno combattuto veramente Isis e Jhadisti. Ma la tensione tra i turchi e i curdi a est dell’Eufrate sta montando da giorni. Ci avverte Dorigo.
Eppure il super presidente Erdogan aveva avvertito: «Distruggeremo la struttura terroristica a est dell’Eufrate. Abbiamo concluso la preparazione, i piani e i programmi della questione». E l’attacco minacciato è partito. Il seguito della conquista di Afrin, altra roccaforte curda isolata e caduta il marzo scorso. Nel giro di ventiquattro ore l’artiglieria turca ha bombardato a ovest della città di Kobane. «Sono stati colpiti i villaggi di Selim e Kor Ali, dove hanno perso la vita quattro civili, inclusi due combattenti e una bambina di 12 anni, e sono rimaste ferite sei persone, secondo quanto riportato dall’agenzia curda Hawar», documenta EastWest.
Militari americani sul campo che fanno finta, e il dipartimento di Stato costretto a dichiararsi molto preoccupato per gli attacchi turchi, vesto che aveva promesso la sua protezione ai curdi. Contraddizioni in campo. Gli Stati Uniti impegnati a garantire la sicurezza ai confini turchi, ae assieme vincolati sul campo -stando alle promesse e impegni tutti da verificare- ai combattenti delle Syrian Democratic Forces – l’Sdf, di cui i curdi sono la maggioranza. E non è un caso che l’attacco turco arrivi con la battaglia contro l’ultima sacca di resistenza dell’Isis nella fase più difficile, a spiazzare tutti quanti.
La campagna di Hajin, città a sud-est di Deir ez-Zor, più complicata e lunga del previsto per gli attacchi suicidi dei miliziani Isis. Ed ecco che gli eroici combattenti curdi di Kobane, richiamati in campo, lasciano sguarnita la città, e dalla parte turca la vigliaccata, il colpo alle spalle. Disonore. Dopo l’attacco turco le Sdf dichiarano il congelamento della battaglia di Hajin, con l’ex Isis che festeggia: «Questo coordinamento diretto tra gli attacchi dell’esercito turco nel nord e gli attacchi dell’Isis nel sud contro le nostre forze ha portato alla sospensione temporanea della battaglia per sconfiggere il terrore».
Botta e risposta. Previsto il controllo congiunto Usa-Turchia del confine di Manbij, a ovest del fiume Eufrate, col ritiro dalla città siriana delle forze Ypg vincenti sullo Stato Islamico, di fatto si ferma. Denuncia da parte del Consiglio Atlantico: «Il governo turco usa le sue forze militari per ottenere grandi effetti diplomatici con gli Stati Uniti. Quello che Ankara sta cercando di fare è segnalare il suo continuo dispiacere per lo status quo in Siria e costringere gli Stati Uniti a fare concessioni. Guadagnare una fascia di territorio lungo il confine e spingere le Ypg più in profondità in Siria e oltre confine».
Gli accordi prevedono la spartizione di zone d’influenza, ma la tensione si acuisce periodicamente. Curdi e le altre minoranze del Nord con Damasco è tema delicato che tocca le relazioni inter-etniche. I siriaci, che vivono a fianco di curdi e arabi nel nord della Siria, sono divisi in due gruppi: i primi sostengono il governo di Bashar al-Assad, i secondi l’opposizione delle forze democratiche siriane Sdf che vorrebbero una Siria multietnica, laica e socialista. Problemi anche religiosi. Diverse scuole della Chiesa ortodossa siriaca si sono rifiutate di adottare il nuovo curriculum dell’Amministrazione autonoma che prevede l’insegnamento di tutte le lingue presenti sul territori.