
Questa frase, catturata sulle pagine di un libro bellissimo, agisce come una leva sul mio modo di pensare. Qual è il prezzo che dobbiamo pagare per la libertà? Esiste un corrispettivo valutabile o il prezzo è sempre e solamente quello della vita intera, quell’abitare poeticamente che ci sembra necessario? E che cosa vuol dire rassegnarsi a vivere senza?
Rassegnarsi. Prendere atto di un qualcosa che è impossibile da raggiungere, trovare il punto di ricaduta più comodo dove appoggiare le ambizioni di un tempo, la volontà di cambiare il mondo; il posto adatto dove esorcizzare gli impeti della coscienza, dove tessere la malinconica trama della resa incondizionata. Dove ricostruire un modo di essere e di apparire più efficace e utile al tempo in cui viviamo.
Rassegnarsi all’indifferenza, alla visione asimmetrica dell’idea di giustizia sociale e di uguaglianza, alla disparità delle possibilità umane, alla ritualità dei gesti quotidiani che non contengono più niente di sacro. Niente che somigli alla bellezza necessaria.
Rassegnarsi per prendere la via della conversione alla comodità affascinante, tiepida, della vita senza mistero, della virtualità senza azione, dell’azione senza pensiero, del pensiero senza doversi spaccare la testa a pensare o a leggere con indipendenza, curiosità, sul confine del senso. Tutto quello che non sono stato capace di fare, rassegnarmi e godermela. Tutto quello che detesto.
Quindi la prima domanda: per non rassegnarci quale prezzo dobbiamo pagare? Quale il costo in fatica, dolore, sacrifici e sconfitte per poter pronunciare la parola libertà a testa alta. Per sentire la voce del cuore e decidere che senza un concetto di uguaglianza e giustizia civile, la parola libertà stessa suona come un guscio vuoto. È una promessa che resta nell’aria. Un desidero che non si fa vita.
Il prezzo non è alto né basso. È quello giusto. Quello che dobbiamo pagare è la vita stessa, l’azione durante la vita, la coscienza e la coerenza, la semplicità e la gentilezza. La cura per la libertà del vicino e del lontano, per quella di tutti, il campo aperto delle scelte che non regalano successo e neanche comodità.
La libertà, abbinata a uguaglianza, giustizia sociale, bellezza per tutti, è un impegno vitale. Non serve far altro che viverlo. Senza altro da aggiungere.
Ps
La frase è tratta da un libro che ho letto e che si intitola “Claroquesì – Cartoline dalla rivoluzione”, scritto da una penna magistrale, da Manuela Iannetti per Antonio Tombolini editore. Un frammento di libertà, una scrittura scintillante e profonda, un sogno di amicizia e rivoluzione.