Marines contro migranti dal Mexico, Trump per un pugno di voti

Elezioni di Midterm
coincidenza mortale

Marines contro migranti dal Mexico. Come andrà a finire la colossale e disperata sfida di tanti migranti in fuga dalla miseria e dalla violenza è difficile prevederlo, ma sono in molti a pensare che non ci sarà un lieto fine. Le difficoltà oggettive, tutti quei territori da attraversare, quei chilometri da macinare, e la trincea di guerra pronta sul confine ultimo che li rifiuta. La segretaria della sicurezza interna Usa Kirstjen Nielsen ha assicurato che, se i migranti tenteranno di attraversare la frontiera, verranno arrestati e deportati.
E Trump ha disposto l’invio di ben 5.200 soldati al confine col Messico, «un contingente pressoché uguale a quello attualmente presente in Iraq», annota Marina Catucci, nelle sua cronache americane. Annunciata anche la costruzione di «una città di tendopoli», in cui i migranti dovranno attendere l’esito delle loro richieste di asilo, prima di essere accolti o cacciati.

Midterm, la dose
quotidiana di astio

La strategia elettorale di Donald Trump continua sulla pelle dei migranti. Marines al confine con il Messico, e ora rincara la dose minacciando un ordine esecutivo per cancellare lo ‘ius soli’, che vorrebbe dire buttare un pezzo della stessa storia americana. Secondo il 14esimo emendamento della costituzione, «tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati uniti e soggette alla sua giurisdizione sono cittadini degli Stati uniti e dello Stato in cui risiedono». Il meccanismo che ha fatto diventare americani i nonni di Trump, e tutti i progenitori di quel popolo di migranti che ha fatto gli Stati Uniti. Solo sparate ad incasso politico elettorale? Qualche preoccupazione la solleva Luca Celada da Los Angeles. «Mercoledì un fanatico razzista entra in un supermercato del Kentucky e ammazza due avventori afro americani. Venerdì viene arrestato l’ultra-trumpista che spediva di pacchi bomba a una dozzina di esponenti democratici. Sabato un filonazista entra in una sinagoga di Pittsburgh e fa strage di ‘parassiti giudei’».

‘Apopletica vigilia’
tra rabbia e paranoia

Di fronte alle stragi e agli attentati, Trump ha letto ufficiali dichiarazioni di cordoglio e condanna in sala stampa, e ‘nuove incendiarie bombe demagogiche’ nei comizi, mentre, informa sempre Celada, a chi gli suggeriva una moderazione dei termini, Trump replica, «potrei semmai rincarare la dose».
«La campagna per queste elezioni che il 6 novembre rinnoveranno un terzo del senato e la camera dei deputati galleggia dunque su una marea di fiele e bile. In un pericoloso gioco al massacro, il teatro post politico ed emozionale di Trump inghiotte ogni tema reale – ambiente, disuguaglianza, welfare – in un vortice di rabbia e identitarismo in cui la «carovana dei migranti» è trasformata in narrazione apocalittica che vorrebbe imminente l’attacco di un orda di poveri dalla pelle bruna alle mura meridionali». In questo clima torbido i sondaggi comunque considerano probabile la riconquista della camera da parte dei democratici. Meno facile una rimonta al senato.

Meccanismi elettorali e
maschilismo trumpiano

I democratici a mobilitare le componenti della fu ‘Obama coalition’, le minoranze giovani e donne mentre i repubblicani -abbiamo visto- si affidano alle paure e alla rabbie di reazione seminate dal presidente. Oggi a man bassa da Celada (Il manifesto), che, dalla statistiche sui sostenitori del presidente, scopriamo «la natura essenzialmente maschile e suprematista del trumpismo: gli uomini bianchi rimangono l’unico inamovibile zoccolo duro del sostegno a Trump».
Poi i meccanismi elettorali e i trucchi. Per gli stessi meccanismi «distrettuali» che hanno permesso a Trump di diventare presidente con 3 milioni di voti in meno, si calcola che per riprendersi il congresso ai democratici servirà una vittoria con uno scarto di almeno il 10% di voti complessivi in più.

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