
Khashoggi, delitto e bugie di Stato
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«Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman “approvò” l’interrogatorio “poi finito male” di Jamal Khashoggi nel Consolato di Istanbul, per il quale aveva disposto un trasferimento forzato in Arabia Saudita. Lo scrive il New York Times citando fonti vicine a Riad. L’ufficiale di intelligence che ha condotto l’interrogatorio era “un amico del principe”. Lo 007 si sarebbe spinto troppo oltre, finendo con l’uccidere il giornalista dissidente, “per dimostrare le sue capacità” in un’operazione segreta».
Dopo aver negato anche l’evidenza, la vergogna regnante saudita prova a metterci una pezza, che alla fine risulta ancora più evidente del buco. Pensare che da Washingon s’è addirittura mosso il segretario di Stato Mike Pompeo in nome e per contro di Donald Trump, specialista del settore: “Le balle bisogna saperle raccontare. E a noi, Stati Uniti in campagna elettorale di midterm, serve un colpevole saudita credibile, se non vogliamo mettere veramente a rischio i nostri comuni affari”.
Che qualcuno dalla parti di Riad sia fuori di testa, lo dimostra la stessa balla di Stato che stanno preparando per il mondo. Il ‘trasferimento forzato’ di un dissidente sequestrato in uno Stato sovrano e trasferito contro la sua volontà nella carceri di uno Strato assolutista dove sono ammesse torture e preticata la pena di morte per decapitazione. Il fatto che l’eventuale troppo zelo dei killer di corte abbia esteso la decapitazione del povero Khashoggi in pezzi minuti da trasporto, è solo horror.
Mentre di questo discutevano alla corte di Riyadh, sul luogo del delitto, Istanbul, la polizia turca ispeziona il consolato saudita e la residenza del console. L’autorizazione è arrivata a 13 giorni dalla scomparsa del reporter. Oggi, una seconda ispezione della polizia scientifica anche nella residenza del console, che si trova vicino all’edificio diplomatico nel quartiere di Levent. Nella residenza del console si era recato il commando di 15 agenti sauditi, dopo aver raggiunto la sede diplomatica.
Ora, alla ‘stampa amica’ spesso inconsapevole, la diffusione di dettagli utili. Ad esempio, che sarebbe stato un agente dell’intelligence saudita amico del potente principe ereditario Mohammed bin Salman a interrogare e uccidere Khashoggi. Ricostruzione che potrebbe risultare utile anche per gli Stati Uniti e la Turchia, ha scritto il New York Times, e togliere da una posizione complicata il presidente statunitense Donald Trump, accusato di essere manovrato da Mohammed bin Salman.
Bugia utile anche per Turchia, evitandole di dover prendere troppo le distanze dall’Arabia Saudita, paese con cui ha da tempo profonde divergenze in politica estera ma da cui arrivano ingenti prestiti a interessi piuttosto bassi, utili per un’economia in difficoltà come quella turca. D’altra parte il governo turco potrebbe anche trovarsi in difficoltà a gestire la nuova situazione, visto che nelle ultime due settimane ha fatto trapelare moltissime informazioni sull’omicidio premeditato.