
Italia ancora in Afghanistan e Iraq. ‘Decreto Missioni’ in consiglio dei ministro la settimana prossima. Ed è ufficiale: le missioni internazionali non si toccano. Qualche sforbiciata, ma niente di rivoluzionario, molto molto lontani dalle minacce 5Stelle del passato. «Sull’intervento in Afghanistan siamo sempre stati chiari. Per noi quello è un intervento che per la spesa pubblica italiana è insostenibile», diceva Di Maio ancora nel novembre scorso. Adesso siamo scesi al più mite «Ce ne andremo dall’Afghanistan il prima possibile », annunciato un mese fa alla festa del Fatto alla Versiliana.
100 uomini in meno in Afghanistan nel prossimo anno (sui 900 presenti finora), ma la sostanza non cambia. Così con l’Iraq (dopo il picco di 1497 presenza nel pieno della sfida Isis, alle circa 500 del 2017): una prima parziale riduzione è già avvenuta nei primi nove mesi dell’anno. Altri 50 uomini non saranno rimpiazzati a Mosul, dove avevano il compito di vigilare sul cantiere di manutenzione straordinaria affidato alla ditta italiana Trevi per la enorme diga (Ex Saddam), che fornisce acqua a un buon pezzo di Iraq ma la cui instabilità minaccia la stessa Baghdad in caso di crollo.
Per un paio di anni, attorno alla diga di Mosul c’è stata una guarnigione di 400 soldati italiani in assetto da guerra, che ha vigilato su uno dei cantieri più pericolosi al mondo. Con le milizie dell’Isis a pochi chilometri, armate di droni e di artiglieria. «Gente che non si preoccupava certo di lesinare sui kamikaze o sull’utilizzo di armi sporche», ricorda Francesco Grignetti su La Stampa. Agli italiani era riservato l’anello più interno. Truppe speciali americane di rinforzo poco lontano. E di fronte verso le postazioni dell’Isis i reparti curdi. 2019, non dovrebbe esserci più nessun italiano.
«La riduzione dei 100 uomini in Afghanistan rientra nel graduale disimpegno voluto dal ministro», è la versione politica dei ripensamento che viene dal ministero della difesa. «Considerato l’imminente processo elettorale, abbiamo tuttavia agito con responsabilità anche verso gli alleati. Nel 2019 si procederà ad ulteriori riduzioni, mantenendo sempre la capacità operativa della missione». ‘A dire il vero, il governo di centrosinistra aveva preventivato un taglio anche più cospicuo, di 200 uomini’, ricorda Grignetti. -100 soldati in Afganistan, -50 in Iraq, ma partiamo per il Niger.
Il provvedimento, quindi, non prevede necessariamente una diminuzione del numero assoluto di militari impegnati all’estero, ma uno spostamento di obiettivi e di risorse. Agire in Africa, a sud della Libia e in particolare al confine con il Niger, ha imposto la Lega, per fronteggiare l’emergenza migranti. Ma nel paese africano sono già presenti militari italiani della missione MISIN, iniziata formalmente a inizio 2018. Concentrare le forze nell’Africa sub-sahariana, dove la missione italiana dovrebbe arrivare a coinvolgere fino 470 militari. Il totale finale fa un ‘più’ molto marcato.
Niger, parte la missione italiana, in cosa ci stiamo cacciando?