Libia, all’Onu passa la linea italiana: no al voto a dicembre

Libia, niente elezioni alla francese

Libia, all’Onu passa la linea italiana. Le Nazioni Unite dicono no al piano francese di tenere elezioni presidenziali in Libia il prossimo 10 dicembre, convinte della necessita di adeguate condizioni di stabilità per procedere alla consultazione popolare. La bocciatura dell’agenda Macron nel Consiglio di Sicurezza riunito per l’estensione del mandato della missione in Libia (Unsmil), fino al 15 settembre 2019.
Il documento chiede elezioni «il prima possibile purché siano presenti le necessarie condizioni di sicurezza, tecniche, legislative e politiche». La Francia aveva chiesto di includere l’indicazione della data del 10 dicembre, ma si è scontrata con l’opposizione di Usa e altri paesi Ue tra cui l’Italia. Dall’ambasciatore Usa Jonathan Cohen il no decisivo: «l’imposizione di scadenze false si ritorcerà contro» e porterà a divisioni peggiori all’interno della Libia.

Legittimi sospetti

C’è chi fa acutamente osservare come, negli ultimi giorni in Libia siano scattati tutta una serie di meccanismi successivi l’assalto al quartier generale della National Oil Corporation, la compagnia statale del petrolio, con sede a Tripoli. Lo ‘scatto’ più rumoroso al Consiglio di sicurezza Onu dove ha vinto la linea della diplomazia italiana, con gli Stati Uniti che hanno mantenuto la promessa di quella sorta di «camera di regia» sulla Libia in comune con l’Italia. Documento finale da parte britannica, e la Francia bulimica di Africa, deve frenare. Data elettorale del 10 dicembre, semplice impegno verbale preso a maggio a Parigi dal premier libico riconosciuto internazionalmente Serraj e dal generale «ribelle» Haftar. Con l’Onu che adesso dice, prima di contarvi un po’ di ordine in casa.

Scontri e trattativa

Il primo ministro a Tripoli, Fayez Serraj, in una intervista al Corriere della Sera aveva già osservato come non ci fossero condizioni per andare al voto in tempi così stretti. Problemi di sicurezza con quei 60 morti nella settimana di combattimenti tra le milizie per le strade di Tripoli, ma anche di garanzia, ‘regole condivise’, sul durante e sul dopo. «Come si fa ad andare a votare senza una Costituzione?». La Costituzione, nodo centrale. Giorni fa Camera dei rappresentanti di Tobruk, l’unico parlamento eletto ma finora a capo alle forze del generale Haftar, ha approvato la legge per il referendum costituzionale su tre circoscrizioni (est, ovest e sud), a garantite i tre territori storici e le loro popolazioni. Qualcosa si muove, ma altro ancora deve accadere visto che l’attuale bozza di Costituzione non prevede che il generale Haftar possa candidarsi come presidente.

L’Onu in Libia

Altre decisioni importanti sempre Onu, questa volta a Tripoli. In un summit tecnico è stato messo a punto un piano di riordino degli incarichi e della suddivisione delle aree di controllo delle milizie che fanno capo al governo Serraj in modo da rendere effettivo il cessate il fuoco concordato dall’Onu ma finora mai pienamente attuato: i miliziani delle varie «bande» dovranno consegnare le armi in un deposito unico che saranno ripartite a seconda delle aree di competenza e degli incarichi. Serraj insieme al direttore della Banca centrale hanno poi fissato regole sui prezzi dei carburanti e sui tassi di cambio e il dinaro libico si è subito rivalutato. A tutti qualcosa, e al generale maresciallo Kalifa Haftar, la testa dell’ambasciatore d’Italia in Libia Giuseppe Perrone.

Pendolo Italia

Al consiglio di sicurezza Onu, l’ambasciatrice italiana Mariangela Zappia, sull’ipotesi elezioni il 10 dicembre è stata chiara: «L’Italia sarebbe felicissima di rispettarla, ma preferiamo considerarla un obiettivo, certamente non in maniera prescrittiva. Se non ci sono le condizioni è difficile tenere il voto». Esattamente quando aveva cautamente affermato il collega Giuseppe Perrone, in un’intervista di mezza estate a Libya Channel: «Le elezioni richiedono una serie di passi preventivi in mancanza dei quali si crea caos e conflitto». Peccato che dopo l’incontro del ministro Moavero con Haftar a Bangasi, l’ambasciatore Perrone, sia finito in ferie prolungate per «mancanza di sicurezza a Tripoli». Un giornale libico esplicita il sospetto di tutti: la rimozione dell’ambasciatore Perrone chiesta dal generale al ministro degli Esteri. Con problemi di equilibri anche governativi italiani, con Salvini che dialoga con Sarraj e sostiene Misurata, e la Farnesina che tenta di procedere in accordo con Macron.

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