Genova un mese dopo: interessi privati in atti d’amore

Genova un mese dopo, e non ho ancora avuto il coraggio di tornare, il coraggio di condividere da dentro la sofferenza. Perché un mese fa la città è stata amputata, e non c’è analgesico possibile. Il centro privato del suo ponente, il Ponente senza la sua città, la Valpolcevera chiusa tra i Giovi e la Bocchetta, privata del suo mare. Tutti amputati di una parte di se stessi, di una parte di vita. E quell’amato maledetto ponte dei sogni e della dannazione. In Valpolcevera io sono nato, sono cresciuto, mi sono fatto uomo. E quel ponte gigantesco e incredibile che rompeva un oneroso isolamento non solo stradale, aprì le strade del mondo a tutti noi. L’emozione della prima volta su quello che tutto voi chiamate Ponte Morandi ma per noi è sempre stato il Ponte sul Polcevera, quello con la maiuscola di possenza. La mia prima volta col Ponte fu sulla prima 500, Ge 311781, color azzurro, 495 mila lire, cambiali a 35 mila mese. Casello di Bolzaneto, uscita Arenzano, e fu segno del destino per il seguito genovese della mia vita. Certo, poi vennero anche i Balcani e il resto del mondo, ma è attorno a quel ponte che ora scopro ha preso forma la mia vita. Quindi, oltre ai lucciconi che mi annebbiano la vista sulla tastiera, una percezione infinita di rabbia e di determinazione: si diano da fare ‘Lor Signori’, come diceva Fortebraccio, perché Genova sa che su quel ponte scorrerà il suo futuro.

Leggo di scandalose e tardive scoperte di mancata manutenzione, di sottovalutazioni e scaricabarile omicìdi, ma a fare giustizia sarà la magistratura. A farmi paura e rabbia, oltre al rancore verso molti ancora indefiniti colpevoli, è ora la indegna pantomima politica sul cosa fare, tra velleitarismi nazionali di governanti per caso, e urgenze vitali per residenti, per la città, per il suo porto, e per tutto il nord Ovest. Stupidità per giunta arrogante attorno a rivendicazioni di slogan ad incasso elettorale, quale che siano le conseguenze eventuali sulla pelle delle persone. Autostrade Si, autostrade No. Mai nel merito di cosa sia più utile, ma per pura affermazione o ripicca. Scontro politico tra botteghe a vendere fumo. Bastardi, e lo dichiaro dopo aver riflettuto sul peso delle parole. Bastardi, gente piccola ed inutile. Leggo di dispute su chi farà il commissario, di Toti che litiga coi 5Stelle governativi facendo da rimpallo a una Lega prigioniera dei migranti. Non sono amico degli attuali amministratori, ma una cosa condivido con loro: fare bene ma fare presto. Per quei disperati di via Walter Filak che ancora aspettano di poter recuperare le loro cose, e per tutta la città. Ma Roma qualcuno sembra sordo o distratto, o forse è soltanto un incapace confuso dal ruolo immeritato che ricopre. Mi accorgo che sto trascendendo nei toni, e freno. Memoria da genovese in trasferta alla politica. Genova che perde ruolo ma non primato di sensibilità politica. Città partigiana e rossa che cresce con una Dc tra le più decenti, metà anni settanta le giunte di sinistra, il no operaio alla provocazioni brigatiste, poi, il berlusconismo qui in versione laica e moderata. Quando ‘sinistra’ scompare anche dai titoli, i personalismi di sinistra nominale che si compromette, stanca prima che altrove ed ecco lo schiaffone delle recenti maggioranze di centrodestra. Ancora un volta in anticipo sulla svolta nazionale. Ora il governo Lega 5Stelle a Roma. Avviso ai naviganti, se inciampate su Genova, sarà premessa di un clamoroso rapido capitombolo nazionale.

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