Russia-Iran-Turchia in castigo Usa, i capi politici dei tre paesi fondamentali per la crisi siriana, oggi a Teheran per decidere l’assetto futuro della Siria. Una sorta di nuova ”conferenza di Teheran” dal lontano 1943, o “nuova Yalta”, come l’ha chiamata qualcuno forzando un po’ la storia. Più realisticamente, vertice tripartito tra Vladimir Putin, Hassan Rohani e Recep Tayyip Erdogan per definire i limiti e l’ampiezza dell’imminente operazione delle forze armate siriane per la riconquista della regione di Idlib, nelle mani dei qaedisti di al Nusra, e jihadisti sciolti, e garantire assieme gli interessi turchi su i cui confini preme l’impaurita popolazione della regione siriana tra Aleppo a la biblica Antiochia.
Terzo incontro in un anno tra i tre leader. Obiettivo immediato dei colloqui, salvaguardare i civili siriani, oltre tre milioni ad Idlib, che rischiano di pagare il prezzo più alto mentre l’esercito siriano e le formazioni sue alleate combatteranno i miliziani di al Qaeda e jihadisti (almeno 10mila secondo alcune fonti) e di altri gruppi armati che da anni controllano la regione, l’ultima di una certa importanza su cui Damasco non ha ancora ristabilito la sua autorità. Michele Giorgio, su il Manifesto, accenna a corridoi protetti che i civili potranno percorrere per raggiungere aree sicure. Nei mesi scorsi durante l’assedio della regione di Ghouta est i miliziani per giorni non permisero ai civili di abbandonare i centri abitati bersaglio dei governativi e tentarono di approfittare del passaggio sicuro allestito con l’intervento dei russi.
Mosca vuole un accordo ma non arretra sul sostegno ad Assad per liberare Idlib. «La Russia ha ucciso, uccide e continuerà a uccidere i terroristi in Siria», ha detto la portavoce del ministero degli esteri Maria Zakharova, a dare risposta alle pressioni sgarbate di Trump. «Perché la questione riguarda anche la nostra sicurezza», ed è sentenza definitiva. La Turchia, critica sugli ultimi attacchi aerei russi-siriani su Idlib, auspica l’ovvio impossibile del distinguere «i terroristi dai civili». Erdogan, alle prese con una grave crisi economica, vuole evitare un nuovo afflusso di rifugiati siriani verso il suo confine. «Quanti (siriani) verranno in Turchia? Forse due milioni? Forse di più. Dove andranno i terroristi in fuga? Potrebbero venire in Turchia o tornare nei loro paesi», aveva avvertito due giorni fa il ministro degli esteri turco Cavusoglu. Domande retoriche senza risposte.
La Turchia punta a convincere russi e iraniani a limitare l’attacco ai soli miliziani qaedisti/jihadisti, e a non coinvolgere altre formazioni armate ribelli di fatto agli ordini di Erdogan, il cosiddetto ‘Esercito siriano libero’, che Ankara ha usato contro i curdi. I ‘miei amici’ che restano ‘tuoi nemici’. Ma Idlib e la Siria non sono l’unico tema al centro del vertice. I colloqui, analizza Michele Giorgio si concentreranno anche/soprattutto sulla cooperazione economica regionale e sui modi/trucchi per mantenere il flusso commerciale nonostante le sanzioni Usa che toccano in maniera diversa tutti e tre i Paesi. «Erdogan, Rohani e Putin, un piano contro le sanzioni imposte dagli Stati Uniti», ha anticipato ieri al giornale turco Sabah. Teheran punta all’aumento dell’interscambio commerciale con la Turchia da 10 a 30 miliardi di dollari. E a definire una politica monetaria comune -esempio l’abbandono del dollaro nelle transazioni commerciali-, in risposta alla svalutazione delle valute dei tre paesi a causa delle politiche di Washington.