Galea o Galera, nave carcere prima di Salvini

La nave, la prigione, lo squalo

Galea o Galera, nave carcere prima di Salvini, la nave che per oltre tremila anni ha dominato il Mediterraneo, spinta dalla forza dei remi e l’aiuto del vento quando c’era. Da Ulisse verso Itaca al dominio delle Repubbliche marinare nel ‘500: dal genovese ‘galea’, carcere, prigione, come quella dove fu rinchiuso il veneziano Marco Polo del Milione.
Tutto questo prima di Nave Diciotti e di Salvini. Alle origini, in realtà c’è il greco γαλέoς (galeos), che vuol dire ‘squalo’ e che, con un po’ di malizia politica, ha a sua volta una certa attinenza con l’attualità.

Le agili e veloci galee che solcavano il Mediterraneo si muovevano a forza di remi e ai remi c’erano pochi volontari, paga esigua e pessime condizioni di vita, ma soprattutto condannati. L’espressione ‘galera’ ci ricorda che quelle navi erano prigioni galleggianti, il peggio rispetto alle pur pessime prigioni terrestri. Quando il numero dei condannati non era sufficiente a fornire rematori ci si rivolgeva all’estero, come fece la repubblica veneta che concluse un accordo con dei principati tedeschi ‘affittando’ le braccia di robusti rematori ospiti delle locali prigioni.

I prigionieri di Lepanto

Le galee ottomane godevano la fama peggiore: a parte le asprezze del trattamento, che tutto sommato non era peggiore di quello delle navi cristiane, le epidemie di peste o tifo petecchiale erano però più frequenti. In breve i turchi, che pure avevano imbarcati pochi volontari, si videro costretti ad impiegare esclusivamente schiavi che catturavano sulle coste della Grecia.

Galera ottomana

Dopo la battaglia di Lepanto (1571) e la sconfitta del sultano, i rematori cristiani furono liberati, ma non i musulmani che rimasero prigionieri di guerra o comunque in balia dei vincitori: una parte rimase al remo, perché anche le potenze cristiane praticavano la schiavitù e necessitavano di braccia, e una parte fu uccisa affinché non potesse più impugnare le armi contro cristianità o mettere al servizio del sultano l’esperienza marinara. Pochissimi catturati dai veneziani si dice siano stati deportati in terraferma, ma poi internati tra le montagne. La vera sconfitta turca non fu nella battaglia in se, ma nel fatto che per un decennio nessun suddito ottomano volle più saperne di arruolarsi in marina.

Reclutamento per debiti

Ognuno risolveva a suo modo la questione del reclutamento che, viste le condizioni normali e i pericoli della guerra, era sempre più spinosa, tanto che a Genova, circa un secolo Lepanto, fu escogitato un modo curioso di arruolare rematori. La passione per il gioco d’azzardo attirava parecchi disperati che, nell’illusione di vincere somme favolose, aumentavano al contrario i propri debiti e degli astuti biscazzieri misero i debitori di fronte all’alternativa tra saldare il debito o arruolarsi al remo per ripagarlo: nel frattempo però incassavano il piccolo premio che le autorità riconoscevano ai ‘volontari’. In Francia, ad esempio, continuò il vecchio sistema dei condannati mentre in Spagna, oltre ai condannati normali, spesso si aggiungevano anche quelli dell’Inquisizione. Il trattamento degli equipaggi restò insomma duro per secoli e, se le cose leggermente cambiarono, questo avvenne perché cambiò il tipo delle navi. Le galee infatti si rivelarono poco adatte alle rotte atlantiche e per le nuove navi a vela invece occorrevano meno marinai e più preparati nella navigazione.

Andrea Vicentino, battle of Lepanto

Royal Navy cambia poco

Nella civile Inghilterra del Settecento, nonostante i commerci sul mare fossero all’origine della ricchezza del paese, il mestiere del marinaio continuava a non essere molto ambito, eppure la domanda era alta. Più o meno lo stesso accadeva anche per l’altro mestiere simile del soldato e fu escogitata una soluzione comune. L’espressione ‘Impressment’ significa ‘arruolamento forzato’ che fu praticato, nonostante contrario a vari principi dell’ordinamento britannico, per quasi mezzo secolo, dalla metà del Settecento alle guerre napoleoniche. Con metodi tutt’altro che ortodossi delle squadre di arruolatori (eloquentemente chiamate ‘press gang’) rapivano in giro per i porti o i bassifondi individui maschi dai dodici a cinquant’anni. Poiché molti si svegliavano la mattina successiva al rapimento a bordo della nave già al largo, qualsiasi protesta era inutile e il rientro impossibile. Quando tra Stati Uniti e Inghilterra scoppiò la guerra del 1812, tra i tanti motivi di tensione c’era anche il frequente ‘arruolamento forzato’ di marinai americani approdati nei porti inglesi. Una legge che mise fine definitivamente alla pratica fu approvata solo nel 1814 e da allora le memorie sono solo letterarie, come ad esempio Hermann Melville ed Elisabeth Barrett Browning e altri scrittori inglesi sino a C.S. Forester.

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