Mercenari nelle guerre di sempre, sicurezza al miglior offerente

‘Soldati di ventura’ a nobilitare

Mercenari nelle guerre di sempre. Medioevo, età comunale, uno degli aspetti più efficienti delle macchine amministrative dei comuni italiani era la tassazione. Denaro pubblico per qualche abbellimento, ma sopratutto sicurezza. Le mura di molte città furono costruite grazie alle tasse. E poiché la sicurezza non bastava mai, i soldi erano spesso destinati a mantenere armate temporanee di mercenari stranieri.
Il più famoso fu Giovanni Acuto (John Hawkwood), inglese di nascita, venuto in Italia a fare il soldato di ventura. Nonostante la fama pessima – si diceva che passasse con disinvoltura da un padrone a un altro per poche monete d’oro in più – fu sepolto in chiesa con tutti gli onori. Assoluzione di convenienza.

 

La Compagnia delle Indie

Il fenomeno dei mercenari non si ridusse comunque per questioni etiche, come la fedeltà dei sudditi al sovrano, ma semplicemente perché si scoprì che era meglio reclutare propri sudditi per farli diventare soldati sottoposti a disciplina. Sui mercenari, a partire dalle guerre della rivoluzione francese, calo anzi un certo disprezzo. In Europa il suddito, che era diventato un cittadino-soldato che difendeva il proprio paese, non poteva che condannare chi lo faceva invece per denaro.
Ben diversamente andò nel resto del mondo a cominciare dalle colonie: dove non bastava la Royal Navy o l’esercito britannico a mantenere l’ordine in Estremo Oriente, la Compagnia delle Indie reclutò un proprio esercito mercenario e una propria flotta. Il fenomeno del moderno mercenariato comincia infatti da qui: un grande impero tollerava che una compagnia privata usasse mezzi molto discutibili per trarre profitti purché non interferisse con la politica. Furono ad esempio le grandi compagnie commerciali ad imporre la vendita di oppio indiano in Cina scatenando due guerre, ma l’intervento inglese alla fine ottenne altre colonie.

Decolonizzazione pagina nera

Il punto più acuto di veri e propri orrori commessi da gruppi di mercenari fu soprattutto in Africa, nella fase del passaggio dei poteri tra le potenze coloniali e i nuovi stati indipendenti. Poiché i nuovi stati per tanti motivi non erano in grado di mantenere l’ordine o non riuscivano ad impedire il saccheggio delle loro risorse, scoppiarono guerre civili sanguinose.
In Congo, ad esempio, dove la transizione era stata molto rapida, nel 1960 scoppiò una rivolta tra ranghi delle nuove forze armate stanziate nella provincia meridionale del Katanga. Per proteggere i propri cittadini minacciati, il Belgio intervenne, ma dopo l’appello del primo ministro congolese Lumumba alle Nazioni Unite fu deciso un intervento internazionale e il ritiro delle forze belghe. Nel frattempo, nel vuoto di potere, si era inserito un altro politico congolese: Moise Ciombe proclamò il distacco del Katanga dal Congo con l’appoggio della potente compagnia mineraria belga che sfruttava i ricchi giacimenti di rame.

I Katanghesi e Lumumba

Dall’Europa accorsero mercenari di varie nazionalità (soprattutto francesi e belgi, ma anche italiani) reclutati dai ‘katanghesi’ e ben presto a questa scissione si aggiunse anche quella di un’altra zona mineraria: l’interesse per le miniere di Kasai, dove si estraevano diamanti, produsse conseguenze analoghe. Alla richiesta di Lumumba di far intervenire il contingente delle Nazioni Unite contro i secessionisti non seguì alcuna azione internazionale.
Se da una parte il mandato conferito al contingente parlava di ‘difesa dell’integrità del Congo, dall’altra l’Onu riteneva la secessione una questione interna del paese. Il risultato fu che in breve in Congo altri due stati proclamarono la secessione e fu il caos. In questa fase più acuta all’inizio del 1961 in Congo operarono diversi gruppi di mercenari.

I 15 italiani di Schramme

Un contingente comandato dal belga Jean Schramme contava su una quindicina di italiani, ma costretto a ritirarsi, ricomparve nel 1965, quando scoppiò la cosiddetta rivolta dei simba. Schramme, rimasto in Congo, partecipò alla rivolta del 1967, ma fu poi costretto ad abbandonare il paese. Altro comandante di mercenari fu l’anglo-irlandese Michael Hoare: dopo il Katanga, combatté anche contro i simba e il suo nome è legato perfino ad un tentativo di colpo di stato alle Seychelles.
Più movimentato il terzo personaggio: il francese Gilbert Bourgeaud, più noto con lo pseudonimo di Bob Denard, o con il nome di Said Mustapha M’hadjou, dopo la sua conversione all’islam. Prima del Congo del resto aveva già fatto esperienza in Indocina, in Algeria, in Marocco e nella stessa Francia, dove si dice avesse preso parte ad un attentato terroristico contro il primo ministro Pierre Mendès France. Nella seconda parte della sua attività in Congo ebbe un reparto composto da altri quindici italiani.

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