Francia, tre secoli di poliziotti duri, dal Re Sole al piccolo Macron

Il Re Sole

Mentre a Versailles la corte del Re Sole trascorreva il tempo tra feste e divertimenti, la città di Parigi se la passava piuttosto male: nei numerosi quartieri malfamati spadroneggiavano ladri, bari, rapinatori, lenoni e altri personaggi poco raccomandabili. E poiché, per far fiorire i commerci, è necessario che i sudditi vivano in tranquillità, il ministro Colbert nel 1667 sottopose a Luigi XIV la nomina di un luogotenente generale di polizia con poteri molto ampi: fu scelto Gabriel Nicolas de la Reynie che mantenne l’incarico fino al 1697. Nel trentennio Parigi cambiò volto, ma de la Reynie rimase un uomo forte. Applicando estesamente la tortura e ricorrendo a delazioni di ogni tipo, risolse anche dei casi difficili, come il famoso ‘affare dei veleni’ che aveva coinvolto personaggi di corte e altri notabili. Nel 1682, dopo che l’inchiesta si era però avvicinata pericolosamente a personalità della cerchia del re, la Camera Ardente (come era chiamata per la presenza di grandi ceri la sala dove si riuniva il tribunale) fu chiusa, ma de la Reynie rimase al suo posto. Secondo alcuni, nonostante gli abusi commessi e la condanna a morte di un’imputata non proprio con prove convincenti, aveva aiutato a sconfiggere la fazione del ministro Colbert, cioè quello che lo aveva fatto nominare.

Parigi, la Corte dei miracoli

Napoleone, Fouché e Vidocq

Joseph Fouché, prima di diventare l’onnipotente ministro di polizia francese che rimase in carica ininterrottamente dal 1799 al 1810, era stato soprannominato in gioventù il «mitragliatore di Lione» perché nel 1793 aveva duramente represso la rivolta scoppiata in quella città: la ghigliottina era ritenuta troppo lenta per giustiziare gli insorti, Fouché e Collot d’Herbois, inviati sul posto dal Comitato di Salute pubblica aveva avuto l’idea di ammassarli davanti ai cannoni caricati ‘a mitraglia’. Le vittime furono più di millecinquecento e al ritorno a Parigi ambedue dovettero giustificarsi davanti ad un’assemblea sbigottita. Collot d’Herbois alla fine collaborò per rovesciare Robespierre e si salvò dalla ghigliottina, ma non dalla deportazione in Cayenna, dove morì di malattia nel 1796. Fouchè invece, dopo un periodo in cui visse nascosto a Parigi, fu nominato ministro di polizia dal Direttorio nell’estate del 1799. A novembre dello stesso anno, anziché riferire al governo del tentativo di colpo di stato di Napoleone Bonaparte, il cosiddetto ’18 brumaio’, collaborò di buon grado diventando personaggio di fiducia del Primo console.

Joseph Fouché, onnipotente ministro di polizia francese

A tutt’oggi, nonostante il disinvolto comportamento dimostrato anche in altre occasioni, Fouché è considerato il padre della moderna ‘polizia politica’ in quanto aveva organizzato una fitta ed estesa rete di sorveglianza composta soprattutto da informatori e provocatori reclutati tra i più talentuosi soggetti: il famoso Francois Vidocq, truffatore, falsario ed ex galeotto, era appunto uno di questi. Prima di cadere in disgrazia nel 1810, Napoleone lo aveva sempre protetto, ma – nonostante l’abilità del ministro – ad un certo punto ne aveva diffidato. Caduto l’imperatore e protettore, Fouché aveva offerto i suoi servigi al nuovo sovrano, che essendo però il fratello del monarca ghigliottinato, non aveva riposto nel personaggio la sua regale fiducia. Con un patrimonio valutato all’epoca in circa quindici milioni di franchi, Fouché era stato costretto allora all’esilio: morì a Trieste nel 1820 e fu sepolto nella cattedrale. Francois Vidocq invece, divenuto nel frattempo capo della «brigade de sûreté» (un’unità speciale della polizia di Parigi), rimase in servizio fino al 1827 e morì ultra ottuagenario nel 1857.

La ‘belle epoque’

Clemanceau e la «belle epoque»

Cadde anche il Secondo impero, i prussiani bombardarono Parigi per la prima volta e intorno al 1910 nella capitale francese ci si trovò davanti a una preoccupante ondata di criminalità soprattutto nei sobborghi. Per la verità non si trattava solo di criminalità comune, perché – nonostante la «belle epoque» – i sonni dei governanti erano turbati anche dai complotti degli anarchici e da misteriose spie straniere cui dare la caccia: del resto l’«affaire Dreyfus», storia di spionaggio che aveva messo a soqquadro la Francia per un decennio, si era appena concluso. Nell’aria, anche se non lo si percepiva ancora, si intuiva la catastrofe che sarebbe arrivata nel 1914. In questo clima Georges Clemanceau, primo ministro chiamato ‘il tigre’ per il suo fiero carattere, legò il suo soprannome alla creazione di nuove unità di polizia dotate di tutti gli strumenti più moderni. A far nascere questi reparti speciali sembra siano stati invece gli allievi di Alphonse Bertillon, l’inventore della polizia scientifica, ma le ‘Brigate del Tigre’ divennero in breve molto popolari. ‘Il tigre’ ottenne così un altro soprannome, meno scintillante, ma indubbiamente più efficace: «le premier flic de la France».

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