Della paura e del coraggio di dire: preferisco di no

Non ho più paura. Ci ho messo anni e anni, decenni, per liberarmi di quel senso di colpa e di inadeguatezza che mi spingeva a scrivere per far contento qualcuno, per essere apprezzato dai vertici del giornale, per catturare più clic, per essere conosciuto, per essere considerato, per cercare quel pezzetto di successo necessario per dare un senso alla professione giornalistica.
Non rinnego niente, non mi pento delle paure e neanche di quel poco o tanto conformismo che mi è stato necessario per navigare a vista nel mestiere. Rifarei tutto, alle medesime condizioni. Non c’è niente da dimenticare, niente da obliare. Mi sembrava la strada migliore, quella più battuta. Ma il bello della vita, della cultura, della sapienza, è che le condizioni mutano, le conoscenze crescono, si vedono più sfaccettature dello stesso problema, si acuisce lo sguardo, la sensibilità cambia.
Il cuore no. Quello non cambia. Il coraggio o ce l’hai o no. E si poggia su un intreccio di sentimenti contrastanti, su paure, timidezze, dubbi e senso critico. Mai sulle certezze assolute, mai sulle sicurezze a priori. E piano piano emerge. Quindi la strada più battuta diventa meno importante…
Il coraggio non ti aiuta a fare carriera, non ti aiuta a fare le comparsate in tv, e nemmeno a lastricare di successi la vita professionale. Serve solo per vivere un po’ decentemente. Serve a considerare la paura, a comprendere le ragioni degli altri, ad avere coscienza del limite, a considerare come valore la misura. Il coraggio è azione nella semplicità, cuore più puro, cura e attenzione più che affermazione di forza e sicurezza, quindi conformismo.
Per essere assuefatti alle logiche del tempo, per vivere come automi calpestando il prossimo, per fare carriera nell’incompetenza, senza mai porsi un dubbio, non serve coraggio. Anzi. Occorre adeguarsi al format. E più uno è pavido e più funziona nel meccanismo che giorno dopo giorno, in una catena di informazioni e conoscenze arbitrarie, costruisce la mentalità dell’epoca. Una mentalità che prevede grandi scintillanti successi, tanto asservimento e zero pensiero. E come contraltare violenza gratuita, stupidità declinata sulle diverse fenomenologie del tempo.

Il coraggio è sottrarsi. Riprendere il passo, la misura, sfidare la montagna delle certezze assolute mediatiche, politiche, conformiste, a mani nude. Con dolcezza. Senza combattere neanche una guerra virtuale fintissima come la propone lo schema. In campagna, dove la vita è più sana e le comunità non sono ancora devastate, o anche nelle città dove spiriti liberi continuano a non farsi incatenare. Ovunque sia possibile agire e non cliccare. Nella rivoluzione del: preferisco di no. Soave e sovversiva risposta ai maniaci dell’epoca crudele dove tutti sono rivoluzionari ma non si vede in giro manco una rivoluzione. Dove tutto il sistema intellettuale è così noto, mediatico e scintillante, e il livello culturale penoso.

Beh, finisco con una citazione che amo: gioia e rivoluzione.

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