
Brennero libero: quando per la prima volta si cominciò a parlare di una linea ferroviaria che congiungesse Innsbruck a Verona attraverso il Brennero era ancora vivo e vegeto il maresciallo Joseph Radetzky: fu infatti nel luglio 1853 che l’ingegner Luigi Negrelli – lo stesso che avrebbe progettato il canale di Suez – ottenne l’autorizzazione per realizzare un primo tronco di ferrovia tra Verona e Bolzano. La prima necessità era soprattutto militare: visto il rischio corso nel 1848 di perdere le ricche province italiane, l’impero austriaco pensava di premunirsi con la costruzione di una ferrovia da nord a sud per far affluire rapidamente truppe nel cuore della pianura Padana. Nel 1848 Carlo Alberto era stato infatti sconfitto nei pressi di Peschiera dai rinforzi austriaci accorsi in ferrovia dal Veneto, ma nel 1859 avvenne il contrario: attraverso la linea Torino-Milano furono i francesi ad accorrere in numero superiore sconfiggendo gli austriaci.
Passata la stagione eroica e cambiati i confini, le ferrovie rimasero a trasportare persone e merci in tempo di pace e crebbero in estensione geografica e lunghezza chilometrica, ma soprattutto in Europa aumentarono scambi di ogni tipo: tra ferrovia e ‘progresso’ – che all’epoca era un po’ come dire ‘prosperità’ e benessere – nacque allora un legame molto forte. Questa importanza economica superò in breve quella strategica e la linea del Brennero nel tratto più difficile, la catena delle Alpi tra Bolzano ed Innsbruck, fu completata ed inaugurata nel 1869, dopo un triennio di intensi e complessi lavori di ingegneria come la costruzione di viadotti e lo scavo di gallerie: poiché inoltre esisteva già un collegamento con Monaco, dall’Italia settentrionale divenne possibile raggiungere la Baviera, ossia la Germania. Per circa mezzo secolo il percorso rimase quello ottocentesco, ma nel 1908 fu aperta una variante che consentiva un percorso più agevole e di conseguenza più rapido e comodo per i viaggiatori e le merci. Viadotti e gallerie erano diventati nel frattempo straordinari capolavori di ingegneria e tecnologia.
Nonostante la Prima guerra mondiale avesse interrotto lo sviluppo dei paesi interessati al percorso e anzi ne avesse devastato i territori, uno dei primi segnali di pace fu la ripresa delle comunicazioni ferroviarie già nei primi mesi del 1919: ben pi di una boccata di ossigeno per le economie sia degli sconfitti che dei vincitori. Dieci anni dopo cominciò l’elettrificazione del tratto Innsbruck-Bolzano che si concluse nel 1934, assicurando maggiore velocità e comodità ai passeggeri: le ultime modifiche avvennero – nonostante la guerra – nel 1941. Un’ulteriore ripresa dopo il 1945 fu praticamente quasi immediata e nonostante le devastazioni fossero state ben peggiori delle precedenti. La linea del Brennero crebbe costantemente poiché si trattava del principale e più diretto percorso tra il Nord e il Sud dell’Europa e a partire dal dopoguerra migliorarono sensibilmente anche le comunicazioni stradali: un primo progetto dell’autostrada risale infatti al 1949, anche se i lavori furono iniziati nel 1963 e il percorso completo fu pronto solo nel 1971.
Anche gli austriaci sul loro versante nel frattempo si erano dati da fare, tanto che il Ponte Europa (Europabrücke, lungo quasi settecento metri e alto 190 metri nel punto più elevato) fu realizzato in tre anni tra il 1961 e il 1964. Alla fine del XX secolo, nonostante linea ferroviaria e autostrada funzionassero a pieno regime, il traffico aumentava costantemente perché attraverso il valico si stava riversando diretto a sud anche parte di quello proveniente da est, cresciuto soprattutto dopo la ‘caduta del muro’. Oltre a centinaia di convogli ferroviari nelle due direzioni, una stima approssimativa calcola in più di trentacinquemila veicoli al giorno (che diventano il doppio nei picchi della stagione estiva) il passaggio giornaliero al Brennero. Inoltre, dopo che l’Unione Europea ha emanato direttive sui grandi assi di traffico, continuano ancora oggi lavori in galleria per far fronte a volumi di traffico sempre maggiori. Sentire parlare oggi di blocchi o controlli sembra un’enorme follia.