
Trump voleva invadere il Venezuela
La notizia Ansa, da Bogotà. «Lo scorso agosto, durante un incontro nello Studio ovale, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump avrebbe parlato con i propri assistenti della possibilità di invadere il Venezuela. Presenti all’incontro l’ex Segretario di stato americano Rex Tillerson e l’ex consigliere per la sicurezza nazionale, il generale McMaster.
Tutti a spiegare a Trump come un’azione militare sarebbe potuta ritorcersi contro il presidente Usa e avrebbe portato al rischio di perdere il sostegno duramente conquistato dai governi latinoamericani per punire il presidente Nicolas Maduro per aver portato il Venezuela lungo la strada della dittatura».
L’idea del presidente, nell’articolo postato su Twitter dal giornalista di Associated Press Joshua Goodman. Nel racconto dai dintorni della Casa Bianca, toccò al generale McMaster, spiegare al ‘commander in chief’ che un’azione armata in Venezuela contro il presidente Nicolas Maduro avrebbe messo a repentaglio i rapporti degli Usa con altre nazioni alleate dell’America latina, il blocco conservatore a sostegno politico e finanziario Usa. Ma nonostante il parere degli esperti del suo gabinetto, Trump tornò a vagliare la possibilità di una opzione militare ancora una volta l’11 agosto. Dell’ipotesi Trump aveva discusso anche con il presidente colombiano Juan Manuel Santos e poi con altri quattro leader sudamericani durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite tenutasi lo scorso settembre. Nonostante tutto, però, i consiglieri del presidente erano riusciti a dissuaderlo.
Da EuroNews brandelli di notizia dalla tragedia latino americane. Sul mercato nero venezuelano, 5 milioni e 200mila bolivares -il salario minimo per un mese di lavoro- valgono, nell’unica valuta estera reperibile per la maggior parte dei cittadini, 1,30 euro. Nel paese sudamericano la crisi economica sta peggiorando e l’inflazione ha toccato la soglia record del 40.000%, stimano i ricercatori che analizzano l’andamento dei prezzi da una decade a questa parte. L’iperinflazione sta devastando il Venezuela e la maggior parte degli economisti attribuisce la crisi alla caduta dei prezzi del petrolio e alle politiche economiche del presidente Maduro, tra cui quella fissare il prezzo di alcuni beni al di sotto del loro costo di produzione. Lettura contrapposta, l’iperinflazione usata come arma da chi detiene il potere finanziario, per tornare al potere assoluto del marcato senza tutele.
Il leader del paese, Maduro, incolpa l’opposizione e gli uomini d’affari sostenuti da Washington, si rifiuta di ricevere aiuti internazionali e affronta la crisi da un lato stampando più denaro, dall’altro aumentando il salario minimo (sette volte, l’anno scorso). Qualunque sia la vera causa, o il vero insieme di cause, la realtà è che i venezuelani stanno soffrendo. La carenza di cibo è così grave che circa un quarto della popolazione consuma meno di due pasti al giorno, secondo uno studio condotto da tre università di Caracas. Il mercato nero dei prodotti alimentari è spesso l’unica fonte di beni come la pasta e il riso, ma i prezzi sono cinque volte superiori a quelli di un normale supermercato. Ma a Caracas è possibile riempire il serbatoio di una macchina media per 200 bolivares, e almeno 500 di mancia all’addetto.
Da allora sembra che il Venezuela sia sceso nella scala delle priorità dell’amministrazione americana. C’è anche da dire che in passato Trump ha spesso criticato le precedenti amministrazioni per essersi impegnate in conflitti in zone remote del mondo. Inoltre il concetto nazionalista di America First, cioè America prima di tutto, è stata una parte importante della sua campagna elettorale.
L’inchiesta di Associated Press, come previsto, è già stata citata da Maduro come prova del fatto che gli Stati Uniti vogliano rovesciare il suo governo per impadronirsi delle ricche riserve di petrolio venezuelane. Anche il Mercosur, l’organizzazione che regola il mercato comune sudamericano, è stato costretto a prendere la parte del Venezuela contro una possibile invasione americana: «l’unico mezzo accettabile per promuovere la democrazia è il dialogo e la diplomazia», ha scritto in un comunicato le stesse cose che aveva detto nell’agosto 2017.