Chi resiste e pianterà giardini nei nostri occhi

Chi pianterà giardini nei nostri occhi, chi nella nostra anima sveglierà l’anima

Mi viene in mente, fulmineo, questo verso di Attila Jozsef mentre cammino lentamente, passo dopo passo sulla strada bianca, scricchiolando con un ritmo preciso. Non ho memoria. Quindi non ricordo altro di questa poesia. Resta il silenzio dei versi nell’aria, battuto da un tempo che continua a ritmare l’andamento, magnifico. Passo dopo passo, più lentamente in salita. A destra gli alberi che si inseguono in cento tornanti lontani, a sinistra la valle che si spalanca.

Percorro questi versi fin quando la stanchezza mi prende e volgo verso il ritorno. Mi sembrano parole necessarie. Quindi cerco la poesia e scopro di averla trovata tra le pagine di un libro di Luigi Nacci, Viandanze. Bello il libro, sul camminare solitario; bello il titolo che evoca la libertà dell’attraversamento. Il rigore, la cura. Il libro me l’ha regalato un viandante, un pellegrino che camminava sulla Francigena, da solo, con lo zaino e il bastone. Ho camminato al suo fianco qualche chilometro, gli ho consigliato dove mangiare, che cosa vedere. Gli ho aperto la mia casa per riposare prima che l’ostello lo facesse dormire.

Il giorno dopo
, all’alba, è partito e mi ha lasciato nella cassetta della posta un libro per ringraziarmi, Viandanze. E una dedica sull’amicizia. Ci ripenso, mentre sfoglio questo libro e cerco la pagina esatta della poesia.

Dalla fronte di sterili colline
abbiamo tratto pensieri indagatori di stelle,
e su, fino alle altezze
ora lanciamo macchine volanti,
e con le loro orbite immense
abbiamo circondato l’impero delle ali,
con le locomotive pattiniamo su terre lontane
e domani da navi elettriche getteremo le redini
sulle criniere dei mari ruggenti.
Ma uomini, uomini!
chi si accorgerà allora
che bisogna lavare la nostra tavola,
chi dirà alle donne
che bisogna spazzare la tristezza,
chi pianterà giardini nei nostri occhi,
chi nella nostra anima sveglierà l’anima?

Non è vero che siamo soli e abbandonati. Non è vero che il male trionfa così come trionfa persuasivo nelle serie televisive. Non è vero che conta solo il valore economico con tutta la paccottiglia di paraculaggini, e che tutto quello che appartiene alla vita, al respiro, al sogno, alla bellezza, al paesaggio, alla fiducia, alla passione non ha alcun valore. Non è vero. Basta alzarsi dal pc, dimenticare l’ottuso pessimismo crudele dell’epoca e lasciarsi prendere.

Fuori, sulla strada, ci sono tante persone pronte a piantare giardini nei nostri occhi. Belle facce, sguardi trasparenti, di uomini e donne che hanno idee, cuore e poesia. Che non si arrendono neanche di fronte all’evidenza, che non accettano per quieto vivere la sconfitta sonora del tempo, la bruttezza come dato di fatto.

Continuiamo a spalancare la vita, a indagare le stelle, a parlare con il viandante che incontriamo. O che siamo. Sulle criniere dei mari ruggenti, in questo paesaggio – come fatto culturale – che resiste.

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