L’ordine mondiale in profonda crisi.
Qualunque sia l’opinione che ciascuno di noi ha di Donald Trump, non v’è dubbio che l’elezione del tycoon newyorkese ha prodotto un vero e proprio terremoto nelle relazioni internazionali. Basti pensare che, nel corso dell’ultimo G7, gli allibiti Angela Merkel e Emmanuel Macron hanno addirittura accusato il Presidente Usa di “voler minare le basi dell’ordine mondiale”.
L’osservazione è del tutto fondata, ma merita qualche spiegazione. Ciò di cui parlano i due leader europei è l’ordine scaturito in un primo tempo nel 1945, dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale. E si trattava di un ordine targato Usa, all’interno del quale il mondo occidentale faceva quadrato intorno a Washington per combattere l’Unione Sovietica che puntava, ovviamente, a un ordine diverso.
La seconda puntata di questa storia risale al 1989 con la caduta del Muro di Berlino e la susseguente dissoluzione – alla fine del 1991 – dell’Urss. Gli Stati Uniti, rimasti l’unica superpotenza globale, adottarono allora una politica di dominio a tutto tondo, fidandosi di coloro che, come Francis Fukuyama, prevedevano un’inevitabile estensione della democrazia liberale al mondo intero.
Come sappiamo non è andata così. Il fondamentalismo islamico ha lanciato una sfida, anch’essa globale, che forse è stata contenuta ma certamente non eliminata. D’altro canto il crollo di uno dei due capisaldi dell’ordine precedente (per l’appunto la ex Unione Sovietica) ha condotto a un aumento del disordine e alle molteplici difficoltà per farvi fronte.
Le varie amministrazioni Usa hanno reagito con sanzioni di vario tipo (e di dubbia efficacia) e con una trasformazione non scritta della Nato, strumento militare concepito in funzione anti-sovietica, ma poi usato nei più disparati teatri di guerra per promuovere gli interessi americani e occidentali in genere. Si pensi, per citare un solo esempio, al caso della ex Jugoslavia. E mette conto notare che la presidenza Obama ha rappresentato il culmine di questo disegno.
Trump, mantenendo le sue promesse elettorali, ha in pratica rovesciato il tavolo mettendo in dubbio (1) il ruolo della Nato, (2) il rapporto privilegiato con la UE e (3) la globalizzazione quando essa nuoce agli interessi americani. Lo sconcerto dei cosiddetti Paesi forti dell’Europa è quindi giustificato, e altrettanto giustificate risultano le aperture di Cina e Russia al tycoon.
Si noti, peraltro, che Trump deve affrontare un’ostilità diffusa di importanti ambienti militari, contrari al ridimensionamento della Nato, e delle agenzie spionistiche e di sicurezza (con in testa la Cia) che continuano a considerare Russia e Cina come nemici naturali.
Difficile dire se, e quando, nascerà un ordine mondiale nuovo, destinato a sostituire quelli precedenti. Ma non è un caso che in Europa – Italia inclusa – abbiano preso piede movimenti e partiti politici che si sentono in sintonia tanto con l’America di Trump quanto con la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping (e, in alcuni casi, addirittura con la Corea del Nord di Kim Jong-Un).
E’ una novità assoluta, che conferma ancora una volta quanto sia difficile prevedere il corso futuro della Storia. Nessuno aveva previsto la crisi migratoria, e nessuno aveva immaginato che tendenze anti-europeiste avrebbero prevalso nel cuore stesso dell’Europa. Ma, soprattutto, nessuno aveva ipotizzato che un personaggio come Trump conquistasse la Casa Bianca.
Credo, tuttavia, che una previsione sensata si possa fare. Gli ultimi sviluppi dimostrano che, anche qualora la UE riuscisse a sopravvivere, in un ipotetico nuovo ordine mondiale l’Europa è destinata a giocare un ruolo marginale anche sul piano economico, oltre che su quelli politico e militare. A dispetto delle frasi roboanti che alcuni leader europei pronunciano un giorno sì e l’altro pure.