Terra e amore. Quando ho scelto il nome di questa rubrica, Magnificaterra, pensavo di raccontare la meraviglia della Valdorcia, il suo abitare poetico, fatto di paesaggi ed esseri umani, di lavoro e natura, di storie di chi ci è nto, di chi ci passa, dei pellegrini o dei poeti che l’hanno scelta.
In Magnificaterra c’era tutto questo carico di aspettative e di narrazioni. Scrivendo mi sono resa conto più profondamente dell’abitare poetico, del modo in cui ognuno di noi opera nel paesaggio come fatto culturale. Lo vedo in tanti frammenti. Per esempio il verde come un mare mi riporta alla mia terra di mare e profumi selvatici. I suoni, i sapori.
In questo fine settimana sono rimasta colpita da un fatto qualunque, da una scelta legata al mio lavoro. Ho organizzato una cena sarda nel mio locale e ho scelto la musica che doveva, a mio parere, sostenere questa serata. Ho poi preso un verso della canzone che ritengo la più bella di tutti i tempi e l’ho scritto sulla vetrina.
Sas formas ka furabo dae chelu
Su sole e sos isteddos e formabo
Unu mundu bellissimu pro tene,
Pro poder dispensare cada bene.
Guardo questi versi scritti con mano ferma sul vetro. L’imbrunire, la notte, l’alba cambiano i colori di questa scritta che mi sembra sia incisa nel mio cuore. Un testo d’amore, a Diosa, il massimo della bellezza che mi risuona nel cuore. Mi interrogo su questo risuonare a distanza, su questa bellezza di una lettera d’amore in musica che mi affascina. No potho reposare è la mia origine, è la bandiera che sventola al mio fianco, simbolo e senso, radici e coraggio.
Sono sempre la stessa, non indulgo nelle facili romanticherie, Ma percorrendo questa Magnificaterra ripercorro le mie origini e le rivendico. Con forza e amore.