Gaza, Israele, mondo il giorno dopo
Gaza, Israele, mondo il giorno dopo

Tragico compleanno, nuova ‘Nakba’
Gaza, Israele, mondo il giorno dopo
Il giorno in cui Israele compie 70 anni, il giorno della “Nakba”, la catastrofe per i palestinesi, e altra tragedia. Ma come reagisce il mondo a quanto accaduto a Gaza, a quanto sta accadendo in Medio Oriente oltre ciò che si vede, oltre alla sparate di Trump, oltre ciò che appare?

Il mondo dopo Gaza

Un minuto di silenzio per le vittime palestinesi al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Lunedì gli Stati uniti avevano prontamente posto il veto alla richiesta di indagine indipendente sui fatti di Gaza, ieri il Consiglio ha discusso la bozza di risoluzione del Kuwait che chiede «protezione internazionale per i civili palestinesi».

Gli ultras
Mentre in Palestina scioperi generali e manifestazioni commemoravano la Nakba e il massacro di lunedì, al Palazzo di Vetro Israele riproponeva il proprio racconto dei fatti: «Non sono manifestanti, hanno esplosivi. Ogni vittima è una vittima di crimini di guerra di Hamas».
Posizione Usa fotocopia: per l’ambasciatrice Nikki Haley, «nessun altro paese avrebbe potuto usare più moderazione di Israele». Affermazioni fuori misura, insensatezze, e poco altro. Risponde l’ormai desueto presidente palestinese Abu Mazen che ieri sera ha richiamato il suo rappresentante negli Stati uniti.

L’Europa
Dubbi e accenni critici da alleati storici di Israele in Europa: la Gran Bretagna ha chiesto un’inchiesta dell’Onu e l’allentamento delle restrizioni al movimento imposte dagli israeliani sulla popolazione palestinese. La Francia ha avvertito del pericolo di una guerra scatenata da «un ingiustificato livello di violenza» da parte israeliana.
Belgio-Bruxelles, termometro Ue, ieri ha convocato l’ambasciatrice israeliana che aveva definito le 60 vittime di Gaza, tutti dei terroristi.

Poi c’è la Turchia
Il governo di Ankara ha prima ritirato i propri rappresentanti diplomatici da Washington e Tel Aviv e poi invitato quello israeliano ad andarsene «temporaneamente» da Ankara. Botta e risposta israeliana: il console turco è stato espulso e il ministro dell’agricoltura Ariel ha sospeso le importazioni di beni agricoli dalla Turchia.

Lega araba e Corte penale
Si fa viva la Lega Araba con un appello alla Corte Penale internazionale a indagare «i crimini dell’occupazione israeliana contro il popolo palestinese». La Corte risponde: il procuratore Bensouda fa sapere che prenderà «tutte le misure appropriate» e che sta già esaminando «tutti i presunti crimini e le eventuali responsabilità».

Iran, Hamas, Israele:
condanne e realtà delle cose

Iran
Decisamente più articolata la ricerca di torti e ragioni da parte di Janiki Cingoli, direttore del CIPMO, il Centro Italiano per la pace in medio oriente, che ne scrive sull’Huffinton Post.
Giusto condannare la decisione di Trump di uscire dall’Accordo sul nucleare iraniano, ma senza ignorare che l’Iran sta cercando di rendere stabile la sua presenza militare in Siria, l’osservazione di partenza. L’espansionismo di Teheran che rende fondate le preoccupazioni israeliane, ben oltre i teatrini di Netanyahu. E Putin sospende la fornitura dei sistemi antiaerei S-300 in Siria.
«Israele quindi non si preoccupa da solo, o solo con Trump», la conclusione di Cingoli.

Gaza e Hamas
La rivendicazione del Diritto al ritorno nega il diritto all’esistenza di Israele, legge Cipriani. Operazione politica di Hamas, «sostituirsi a Fatah ormai in coma profondo e alla stessa OLP, cui Fatah gli nega l’accesso; e di Yahya al-Sinwar, leader di Hamas a Gaza, di presentarsi come il nuovo Arafat». Poi ovviamente -esce fuori il pacifista- la condanna della difesa ”disproporzionale’ messa in atto da Israele. Sui fratti di questi giorni, «responsabilità equamente divise tra Trump, Hamas, Netanyahu e il relitto del Presidente Abbas». Considerazione finale dello storico, su quanti stati finiranno per esserci nella Palestina storica: ‘se uno, due o tre’, uno a maggioranza ebraica, uno palestinese in Cisgiordania e un terzo a Gaza, a guida Hamas.

Difesa ‘disproporzionale’

Perché tanta violenza da parte di quello che una volta si sforzava di essere “l’esercito più morale al mondo” nel Paese che si proclama “l’unica democrazia liberale del Medio Oriente”? La risposta nelle prima dichiarazioni raccolte in questo pezzo: gli Stati Uniti, con l’Ue in coda con un po’ più di eleganza, ‘hanno dimostrato di non potere, o non volere, limitare le derive più criticabili e violente di Tel Aviv’, denuncia L’Inkiesta. Due, il quasi totale disinteresse degli Stati mediorientali verso la causa palestinese. Tre, e questo è forse il peggio che va oltre Trump, quel pezzo sempre più numeroso di opinione pubblica israeliana a cui piace il pugno di ferro nei confronti dei palestinesi.
Non solo Netanyahu e Liebermen e qualche Focolare ebraico a volere un Israele nazionalista, punta di lancia di una somma di diversi interessi in Medio Oriente.

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