
Niger, grande due volte la Francia, il Paese più esteso del Sahel con un sottosuolo ricco di uranio, diamanti, oro, gas naturale e petrolio, eppure lo Stato più povero dell’Africa Occidentale. È in Niger che l’ex potenza coloniale francese, Stati Uniti, Germania, Regno Unito, e persino l’Italia guardando alla rotta dei migranti verso la Libia, stanno aumentando la loro presenza militare a sostegno del ruolo che il Paese sta esercitando nella lotta contro il jihadismo in Africa.
«Le forze speciali nigerine vengono supportate da personale militare occidentale, che addestra i soldati locali con l’obiettivo di annientare i gruppi estremisti nelle loro roccaforti del deserto, se necessario allargando il raggio d’azione anche oltre i confini del Niger», afferma Marco Cochi su EastWest.
Quattro berretti verdi americani uccisi insieme a cinque soldati nigerini nell’imboscata di un gruppo di miliziani della costola sahariana dello Stato Islamico nel villaggio di TongoTongo, nel nord, al confine con il Mali. L’agguato dell’ottobre scorso ha fatto aumentare il contingente statunitense in Niger a ottocento effettivi. Che vanno ad aggiungersi agli altri cinquecento impegnati nella guerra al terrorismo in Africa.
Dopo l’attacco di TongoTongo, gli Usa hanno deciso uno stanziamento di sessanta milioni per una forza multinazionale ‘G5 Sahel’, che prevede 5mila militari schierati contro il terrorismo nell’area desertica, sospetto punto di raccordo del jihadismo africano che collega il Mali con la Nigeria e il Corno d’Africa, dove Boko Haram e al-Shabaab continuano a compiere sanguinosi attentati.
La Red Horses, l’unità di ingegneria dell’aereonautica militare statunitense, sta costruendo una base militare nel deserto del Niger, nelle vicinanze della città di Agadez. ‘Niger Air Base 201’, il nome: tre hangar, presto anche una pista di atterraggio per ospitare jet da guerra e droni armati. Velivoli ufficialmente per missioni di ricognizione, ma possono anche essere armati e utilizzati per scopi bellici con il nulla osta del governo nigerino, nonostante alcune contestazioni da parte della popolazione locale.
Il presidio militare, -sempre EastWest- costerà 110 milioni di dollari per la costruzione e 15 milioni all’anno per la gestione, e diventerà pienamente operativo dall’inizio del prossimo anno. Vicinanza ad Agadez non casuale: dopo il collasso libico nel 2012, la città nel nord del Niger è diventata un crocevia strategico per i trafficanti di droga e per quelli di esseri umani, oltre a offrire percorsi sicuri per i terroristi.
Timori degli strateghi del Pentagono sull’intensificarsi della minaccia dalla costola sahariana dello Stato Islamico. Con la crisi libica, che ha aggiunto ulteriore instabilità in tutta la regione ed ha aumentato il flusso di armi verso i gruppi terroristici attivi nel Sahel. «Sigillare i confini con la Libia attraverso i quali, trafficanti di esseri umani e terroristi condividono le stesse rotte e spesso gli stessi affari», scrive Marco Cochi.
La situazione preoccupa molto anche l’Unione Europea, convinta che il mix di immigrazione clandestina e terrorismo possa diventare letale per la stabilità e la sicurezza di tutta l’area saheliana.
Per parte italiane, non solo minaccia terrorismo, ma il flusso migratori che se non frenato e regolato, diventa minaccia strategica vera e propria.
L’Italia a gennaio aveva approvato una missione militare da inviare in Niger, supporto delle forze militari e di polizia del ‘G5 Sahel’. A fare che? Per il governo di Niamey, solo per addestramento delle forze nigeriane, e svolgere attività di sorveglianza e controllo del territorio. Ruolo marginale. Nonostante la squadra di quaranta specialisti italiani da mesi in Africa, abbia già pianificato la prima partenza di cento uomini prevista per giugno. Ma ora tutto rischia di fermarsi.
Dopo che il ministro dell’Interno, Mohamed Bazoum, ha addirittura respinto la possibilità di una missione militare dell’Italia, negando qualsiasi sollecitazione da parte del suo governo a Roma. Frottole sue o frottole di Roberta Pinotti, resta il fatto che la missione italiana è in fase di stallo, mentre quelle francesi e statunitensi schierano contingenti molto numerosi in Niger.
Pasticcio Niger e militari italiani, torna l’Africa francese?